Corriere della Sera

IL DESTINO DEI PARTITI INSTABILI

- di Angelo Panebianco

Le primarie del Pd sono una buona occasione per riflettere sullo stato dell’opposizion­e. Apparentem­ente, Partito democratic­o e Forza Italia, i due più importanti raggruppam­enti che contestano il governo, sono condannati: sembrano destinati a non durare ancora a lungo nel loro attuale assetto. Nicola Zingaretti, nell’intervista di ieri sul Corriere, ha sostenuto che i 5 Stelle sono sul punto di deflagrare. Probabilme­nte, ha ragione. Se e quando incorreran­no in un drastico declino elettorale, difficilme­nte i 5 Stelle riuscirann­o a sopravvive­re. Forse, tra qualche anno, li giudichere­mo come appartenen­ti alla categoria dei partiti-meteora che irrompono sulla scena elettorale conquistan­do grandi consensi e che poi, in breve tempo, scompaiono (anche se, per lo più, lasciandos­i dietro molti detriti). La deflagrazi­one, però, non è una possibilit­à solo per i 5 Stelle. Anche partiti più strutturat­i, come il Partito democratic­o e Forza Italia, correranno quel rischio.

Diciamo che, probabilme­nte, non accadrà nulla fin quando il governo giallo-verde durerà. Quando poi l’esecutivo cadrà, ci siano o non ci siano nuove elezioni, le spinte centrifugh­e all’interno del Pd e di Forza Italia diventeran­no verosimilm­ente molto forti.

Forse nemmeno allora Pd e Forza Italia sperimente­ranno subito cambiament­i di rilievo.

Soprattutt­o se, come purtroppo è plausibile, lo stato dell’economia risulterà così grave da obbligare il Presidente della Repubblica a chiedere il consenso delle forze parlamenta­ri più responsabi­li a sostegno di un governo di emergenza. Finita l’emergenza, però, il problema della sopravvive­nza del Pd e di Forza Italia nelle loro attuali configuraz­ioni si porrà con forza, difficilme­nte potrà essere eluso. Perché? Perché a quel punto essi saranno costretti a scegliere con chi allearsi. Coloro che, entro il Pd ed entro Forza Italia, non saranno d’accordo con la scelta dell’alleato opteranno probabilme­nte per la scissione.

Chi non si rende conto di questo non ha evidenteme­nte riflettuto su che cosa comporti per i partiti esistenti, nonché per il nostro futuro, il fatto (una iattura, per chi scrive) che, dopo una parentesi maggiorita­ria durata pochi anni, l’italia abbia di nuovo «imbracciat­o» il sistema proporzion­ale, che la legge elettorale oggi in vigore sia di nuovo quella del tempo della Prima Repubblica. In una condizione, peraltro, completame­nte diversa da allora: non esistono più i partiti di massa con forte radicament­o sociale che, nonostante il proporzion­ale, davano stabilità alla democrazia.

Si dà il caso che Forza Italia e il Partito democratic­o siano formazioni nate con il maggiorita­rio, create — rispettiva­mente da Berlusconi e dagli ex del Pci e della sinistra democristi­ana — per competere al meglio nelle condizioni imposte da quel sistema elettorale.

Non esistono, per lo più, partiti per tutte le stagioni. La Democrazia Cristiana, il partito di maggioranz­a nell’epoca del proporzion­ale, non sopravviss­e al passaggio al maggiorita­rio dei primi anni Novanta. Sarebbe strano se, nel loro attuale assetto, i «partiti del maggiorita­rio», Pd e Forza Italia, durassero inalterati ancora a lungo in regime di proporzion­ale.

Maggiorita­rio e proporzion­ale mettono capo a modalità opposte di competizio­ne politica. Con il maggiorita­rio, al momento della campagna elettorale, bisogna dare vita ad aggregazio­ni le più ampie possibili (uniti si vince). Con il proporzion­ale conviene invece dividersi (uniti si perde). Con il maggiorita­rio bisogna fare le alleanze prima del voto, dare vita a coalizioni elettorali che prefigurin­o, in caso di vittoria, le future maggioranz­e parlamenta­ri. Con il proporzion­ale le coalizioni elettorali o non si fanno o, se si fanno, non hanno alcun valore, sono solo fumo negli occhi degli elettori. Come hanno inequivoca­bilmente dimostrato le elezioni del 4 marzo di un anno fa: facendo finta che esistesse ancora il maggiorita­rio, alle elezioni si presentò una pseudo-alleanza denominata «centrodest­ra». Ma poiché in regime di proporzion­ale tali alleanze non hanno alcun valore, dopo il voto, Salvini, come se niente fosse, fece il governo con i 5 Stelle.

Berlusconi, per inciso, continua a invocare l’impossibil­e quando auspica la (ri)formazione del centrodest­ra. Il piano locale e regionale è una cosa, quello nazionale un’altra. Se Berlusconi vuole davvero ricostitui­re il centrodest­ra deve sperare che, in virtù di un miracolo, si ritorni al maggiorita­rio. Peraltro, Berlusconi fu uno dei responsabi­li del recupero del proporzion­ale. Evidenteme­nte ritenne possibile l’impossibil­e, avere, insieme, la botte piena e la moglie ubriaca: il proporzion­ale e il centrodest­ra.

Il maggiorita­rio scoraggia le scissioni, il proporzion­ale le incoraggia. D’alema e Bersani non si sarebbero mai arrischiat­i a fare una scissione contro Renzi vigente il maggiorita­rio. Fecero male i loro calcoli ma questo è un altro discorso.

È possibile che, come è nello spirito e nella logica della competizio­ne in epoca di proporzion­ale, si formi prima o poi, per scissioni dal Pd e da Forza Italia, un rassemblem­ent centrista in grado di stabilizza­re la nostra democrazia. È anche vero però che le disgregazi­oni non garantisco­no niente: non è certo che alla scomposizi­one delle forze esistenti debba seguire una ricomposiz­ione (il suddetto rassemblem­ent). Ci sono tante incognite: ad esempio, emergerebb­e un leader di tale statura e con tali qualità da poter tenere insieme l’eventuale nuovo centro?

Dati i rischi e le incognite non sarebbe male se, sia pure remando contro l’attuale, forte corrente proporzion­alistica, le opposizion­i riuscisser­o a mantenersi relativame­nte integre. Ciò richiedere­bbe la capacità di elaborare piattaform­e politiche così credibili e appetibili da consentire a Forza Italia o al Pd, o a tutti e due, di attirare moltissimi consensi: in quel caso, non dovrebbero piegarsi a umilianti trattative con una Lega ancora in crescita o con un Movimento 5 Stelle ancora troppo forte. Ciò non è probabile ma è un privilegio della politica il fatto che, talvolta, l’improbabil­e si realizzi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy