BENVENUTI NELL’ERA DEL CHIUDERE (TUTTO)
Chiudere: il governo legastellato è vocato alla chiusura. Passerà alla storia non per i suoi no di natura politica (chiudere a destra o a sinistra) ma per la sua smania di sprangare, di chiudere le porte in faccia. Ha iniziato il ministro Salvini chiudendo i porti alle navi cariche di migranti: «Non possiamo accoglierli tutti, sono troppi». Ogni atto di chiusura si trasforma così in una breve agonia. Poi ci si è messo il ministro Toninelli a chiudere i cantieri: le grandi opere come la Tav o il Terzo valico, sbloccato solo dopo molte tiritere. Ma anche strade, sottopassi, piste di aeroporto, ferrovie urbane, metropolitane, ponti. Tutti bloccati. Tutti in attesa che l’uomo della Costi-benefici dica la sua. Toninelli nega, ma intanto il Pd, per non chiudere gli occhi, ha presentato una mozione di sfiducia: «Ha bloccato i cantieri ovunque. Sulla Tav ha mentito o è incapace». Spesso la chiusura è il pegno che la rassegnazione paga all’incertezza. Infine, il ministro Di Maio ha detto che vuol chiudere i negozi la domenica perché le aperture «distruggono le famiglie italiane».
Fantastico: è un governo che prevede sempre la chiusura, per non cominciare mai niente. A onor del vero, si registrano anche pulsioni represse e contrarie. A proposito di aperture, il ministro Salvini ha detto che vuol riaprire i bordelli, le famose «case chiuse».