Corriere della Sera

Dolcevita, stivali e occhiali a goccia Celine riedita le ragazze bene degli anni 70

Sorprende la svolta borghese di Hedi Slimane. Tra tanto caos creativo che sia questa la via giusta?

- DALLA NOSTRA INVIATA Paola Pollo

PARIGI Testa bassa e pedalare. Qualcuno deve averglielo detto o forse è stato lui stesso. Fatto sta che Hedi Slimane ha smesso di fare Hedi Slimane e ha cominciato a disegnare abiti nel rispetto della maison d’ingaggio. Non era successo né per Dior Homme, né per Saint Laurent le due griffe dove lui entrò e cambiò tutto secondo la sua visione della moda, rock e ribelle e da tribù giovanili.

Maledettam­ente borghese e perbene la sua svolta. E francese. E anni Settanta, didascalic­i come mai nessun altro li aveva rieditati. Come se avesse fatto un salto negli archivi di Celine e li avesse saccheggia­ti paro paro. Non manca nulla a quell’immaginari­o: le gonne pantaloni, le mantelle, i dolcevita, i giubbetti di camoscio, i trench, gli stivali con la zeppa di gomma e gli occhiali a goccia. Un déjà vu che già divide tra i fan delle sue ragazze della notte, orfane del loro pusher di mini-abiti e collant strappati, e le storiche clienti di Celine che (finalmente) hanno qualcosa in cui credere. Ma forse è proprio questo il punto.

È giusto che un designer stravolga l’estetica di una maison o è più rispettoso cercare di portare avanti lo spirito della stessa? Slimane è uomo intelligen­te, probabilme­nte è arrivato da solo alla stessa conclusion­e e ha aggiustato il tiro, mettendosi in discussion­e e facendo un dietro front. Anche al servizio del marketing? Perché no? Potrebbe anche essere. Si dice che a parte qualche accessorio, la collezione di settembre che è quella in boutique oggi (molto rock e slim) non abbia incontrato i favori della donna perbene e colta abituata ai virtuosism­i di stile di Phoebe Philo, la precedente designer. Indubbiame­nte con questo nuovo guardaroba la cliente storica non avrà problemi, e come lei la figlia ventenne, altrettant­o bourgeois che se non sceglierà la gonna pantaloni o a pieghe potrà rifarsi con i cuissard di montone o i blouson o gli abiti scivolati molto bon ton e le borsette tracolla. Prendere o lasciare, sembra essere il messaggio di Slimane. E a vederla così, in un momento tanto confuso, questo aut aut suona quai come la vera ribellione.

Sicurament­e comunque a questo giro di sfilate parigine è sempre più evidente che la moda sta cercando una sua concretezz­a fra tanto caos creativo sollevato nelle stagioni scorse da regole stilistich­e saltate e l’influenza dello street e dello sportwear, a discapito di eleganze rassicuran­ti. Un detox a rischio noia, è vero. Ma necessario, dicono. Da una parte. Dall’altro ecco che gli stilisti giapponesi, che mai hanno per un solo momento, si sono allontanat­i dalla loro poetica creatività, continuano a regalare lezioni memorabili: da Yamamoto con i suoi virtuosism­i in nero dai tagli e i drappeggi gentili; i patchwork floreali di Watanabe brutalizza­ti con i jeans; le creazioni artigianal­i e oniriche di Noir Kei Ninomiya; e ancora i capolavori futuristi di rete e cuoio e seta di Comme des Garçons.

Tutta sua la strada di Andreas Kronthaler che firma la collezione numero 7 della moglie Vivienne Westwood sostenendo le teorie del riciclo, usando gran parte della sua personale collezione di stoffe, e dell’eco-sostenibil­ità, utilizzand­o solo lane pettinate e non tosate, e di solidariet­à collaboran­do con stampatori del Burquina Faso per i suoi abiti in libertà che prendono vita da tagli impazziti, drappeggi improvvisi e proporzion­i inedite. «Sottrarre più che aggiungere, eliminare il superfluo e piuttosto mettetevi nudi», sostiene Kronthaler

Gli stilisti giapponesi regalano altre lezioni memorabili, tra artigianat­o, virtuosism­i tecnici, slanci onirici e poetici

che per invito manda una foto di lui senza veli. L’italiana Marianna Rosati per DROME cerca nell’arte (Brancusi per le geometrie e Malcolm Liepke per i colori pittorici e le stampe nei ritratti di Cynthia Macadams) l’ispirazion­e per la sua nappa sofisticat­a con la quale fa trench e spolverini (notevoli quelli specchiati o nelle palette forti come il rosso o il verde acqua), completi sottili (la giacca piccolina e i pantaloni a sigaretta), gonne svasate e a tinte brillanti, vestiti scivolati e midi, abiti sensuali rigorosi davanti e improvvisa­mente scollati dietro. Riprende il gioco del maschile/femminile.

Cédric Charlier e lo mescola ai contrasti fra città e natura, fra realtà e sogno: pantaloni e gonne, giacche e maglie sui quali sono stampati uccelli che volteggian­o su metropoli immaginari­e.

Ritorno all’ordine Le regole stilistich­e sono saltate; da street e sportwear è arrivato di tutto. È tempo di detox

 ??  ?? Celine In passerella gli anni 70, in versione borghese ed elegante
Celine In passerella gli anni 70, in versione borghese ed elegante
 ??  ?? Yamamoto Virtuosism­i in nero
Yamamoto Virtuosism­i in nero
 ??  ?? Westwood Riciclo e solidariet­à
Westwood Riciclo e solidariet­à
 ??  ?? Noir Kei Ninomiya Stile onirico
Noir Kei Ninomiya Stile onirico
 ??  ?? Watanabe Elogio del patchwork
Watanabe Elogio del patchwork
 ??  ?? Cédric Charlier Il bello dei contrasti
Cédric Charlier Il bello dei contrasti
 ??  ?? DROME Arte in passerella
DROME Arte in passerella

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