«La svolta globale del 5G, pronti alla battaglia della rete»
Le strategie del gruppo, le mosse della politica e il ruolo delle aziende cinesi
«Questa è la nuova Internet. Stiamo per entrare in una fase di discontinuità tecnologica al termine della quale il mondo sarà completamente diverso. A Barcellona abbiamo appena fatto vedere alcune funzionalità del 5G, il nuovo standard che permetterà la digitalizzazione completa delle fabbriche, permetterà alle auto di andare da sole senza l’interazione umana. Con un effetto moltiplicatore sull’economia senza eguali». Federico Rigoni è l’amministratore delegato di Ericsson Italia e responsabile per l’area del Sud Est Mediterraneo. Con un passato in Nokia Siemens Networks, Siemens e Italtel conosce perfettamente il mondo delle telecomunicazioni. Guida una delle aree più sviluppate di un colosso da 95 mila dipendenti in tutto il mondo e con una quota di mercato globale circa del 30% sugli apparati di rete mobile, cioè l’infrastruttura sulla quale viaggiano traffico voce e traffico dati dei nostri smartphone. Ericsson, al pari di Nokia e le cinesi Huawei e Zte, permette di strutturare la rete degli operatori di telecomunicazioni, incrementando la velocità di risposta per gli utenti e consentendo di far viaggiare miliardi di miliardi di dati.
Il 5G promette straordinarie potenzialità per imprese ed utenti ma pone anche interrogativi pesanti in tema di sicurezza informatica e di accesso a dati sensibili di aziende e governi.
«Noi ci stiamo attenendo agli standard internazionali, a regole specifiche sulla progettazione degli apparati. Nei nostri centri di ricerca abbiamo 700 esperti che lavorano per assicurare il rispetto degli standard e la sicurezza dei prodotti. Tentiamo di restare al di fuori delle questioni di natura geopolitica, ma è chiaro che si tratti di un tema rilevante».
Usando una metafora costruite le autostrade della rete in un mercato che in dieci anni è stato aggredito dalla concorrenza cinese costringendo alla chiusure di decine di aziende, a processi di fusione e aggregazioni, a tagli pesanti di forza lavoro ai quali non siete stati immuni.
«Solo 18 mesi fa era in gioco la nostra sopravvivenza. Siamo stati costretti ad una completa ristrutturazione con tagli di personale in tutto il mondo e una rifocalizzazione del business puntando sullo sviluppo di apparati per telecomunicazione. Ci siamo concentrati su quello che sapevamo fare meglio, scommettendo sulle reti mobili, sui servizi digitali e sul 5G. In poco tempo siamo tornati a generare cassa e il mercato non poteva che apprezzare tanto che il valore del titolo è quasi raddoppiato alla Borsa di Stoccolma dove siamo quotati».
L’italia è uno dei mercati che ha pagato di più con dieci ristrutturazioni in altrettanti anni e una forza lavoro più che dimezzata.
«In Italia abbiamo dovuto realizzare un piano di contenimento dei costi e di allineamento alla strategia globale, attraverso uscite volontarie e cessioni di rami d’azienda. Piani necessari per la nostra sopravvivenza ma ora la performance è decisamente migliore e non abbiamo in previsione ulteriori operazioni di ristrutturazione».
La geopolitica vi sta venendo in soccorso. Gli Usa hanno messo al bando Huawei e Zte accusandoli di spionaggio, l’australia sta facendo altrettanto, in Europa ci sono grossi interrogativi sulle reti 5G affidate ai cinesi con la Germania in prima fila.
d L’intesa Accolgo con favore l’accordo tra Tim e Vodafone per la condivisione dell’infrastruttura
«Sulla geopolitica non vogliamo essere coinvolti, ma è chiaro che tutto ciò ha delle implicazioni oggettive su vari mercati. Stiamo monitorando ciò che sta avvenendo. Ma a noi interessa far sapere che abbiamo una tecnologia 5G da leader a costi competitivi e alcuni tra i più importanti operatori in Europa e nel mondo l’hanno già scelta e implementata».
In Italia è stata appena presentata una proposta di legge della Lega per consentire al governo di usare il golden power per le infrastrutture strategiche, estromettendo Huawei dalle gare per il 5G. Si tratterebbe di rescindere contratti già firmati da Tim, Wind3, Vodafone ed Open Fiber.
«Abbiamo fatto delle simulazioni. In tal caso siamo pronti. Il 5G necessita di investimenti importanti. Accolgo con favore l’accordo tra Tim e Vodafone per la condivisione dell’infrastruttura. D’altronde gli operatori hanno speso 6,5 miliardi per l’asta delle frequenze, andando oltre le aspettative del governo».