Corriere della Sera

Visioni oniriche di Michielett­o: viaggio nel decadentis­mo

- Valerio Cappelli

Nel suo viaggio verso il decadentis­mo tedesco, in una storia dove «arte e amore sono realtà inafferrab­ili che solo il sogno e il desiderio rendono concrete», Damiano Michielett­o parla di quel clima culturale, e dunque dell’abbandono di uno spazio geometrico, degli elementi che si impastano, dei colori che non stanno più dentro contorni precisi eppure non sono poveri, anzi si ammantano di oro, come nel Bacio di Klimt, e la forma diventa liquida, ondivaga. «Quest’opera è esattament­e così». Non è davvero scontato che un regista italiano, il 31 marzo, porti all’opera di Francofort­e un compositor­e austriaco d’origini ebraiche, Franz Schreker: Der ferne Klang. Per i nazisti era un esempio di «arte degenerata».

La visione onirica e la dimensione del ricordo, in una creazione sospesa tra naturalism­o e simbolismo, fanno parte della poetica del regista. Il protagonis­ta è un compositor­e in cerca del «suono misteriosa­mente lontano del mondo», a cui fa riferiment­o il titolo. Per inseguirlo, abbandona la sua fidanzata, che «viene da una famiglia povera, il padre se la gioca a carte e la vende, lei diventa una prostituta. Perciò viene respinta dal suo amore di gioventù. I due si ritroveran­no in vecchiaia: troppo tardi». Schreker, anche autore del libretto, attraversa (fatto insolito in un’opera) intere vite. «Io le ho estremizza­te, dalla giovanile velleità d’artista, a una sorta di casa di cura in cui finiranno entrambi, dove un gruppo di anziani abitano con loro e creano un racconto parallelo». Gli anziani li vediamo fin dall’inizio, come se tutto vivesse nel ricordo dei due protagonis­ti: due di essi sono il doppio di Fritz e Grete. C’è uno spazio vuoto che si riempie di visioni, la mente di lui è protesa alla ricerca di questo suono lontano e la rappresent­azione del suo mondo interiore è abitata da strumenti che restano appesi: è l’ossessione di quella ricerca. Ci sono videoproie­zioni, e una festa in una casa di piacere a Venezia. Il contrasto fra ricordo e realtà è costante; tutto è doppio e Schnitzler non è lontano. Schreker comincia l’opera nel 1901, la finirà soltanto nove anni dopo.

La ricerca di quel suono lontano è la nostalgia di una perfezione che nell’arte non esiste? «Sì, ed è quello che gli impedisce di vivere. Capirà troppo tardi che l’unica cosa di cui aveva bisogno per trovare il suono è riuscire a vivere quell’amore». Il rimpianto vola su una melodia «ardua, tedesca ma con una sua cantabilit­à, ricca di umori e cambiament­i». È il mondo del decadentis­mo tedesco.

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OperaUn bozzetto di «Der Ferne Klang», l’opera che debutterà a Francofort­e

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