IL RISO AMARO PER I CERVELLI IN FUGA
Per ricerca indipendente si intende quella condotta senza nessun tipo di priorità economica, come lo è invece quella cosiddetta sponsorizzata, sostenuta per lo più da aziende farmaceutiche, i cui sviluppi sono dettati da altri obiettivi, per quanto trasparenti e molto importanti. Nel nostro Paese la ricerca indipendente istituzionale pubblica si riassume in poche tipologie di bandi: i progetti di rilevante interesse nazionale promossi dal Miur (chiamati Prin), la Ricerca finalizzata finanziata dal Ministero della Salute e i bandi dell’agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), oltre a bandi regionali in alcune realtà come la Lombardia. Quelli sviluppati da Aifa hanno caratteristiche di particolare interesse perché hanno come finalità la valutazione dell’utilizzo di farmaci per indicazioni e utilizzi che non verrebbero mai studiati dall’industria farmaceutica e che possono avere ricadute positive sul nostro Servizio Sanitario. Averla promossa è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese. Purtroppo però i bandi Aifa sono stati emessi a singhiozzo negli anni, con salti e interruzioni, ma soprattutto con sempre meno fondi.
I risultati dei bandi 2017 sono stati pubblicati da poco: su 368 progetti ne sono stati finanziati 12, per un totale di 7 milioni di euro, con una percentuale di «rigetto» vicina quindi al 97 per cento. La cosa non dipende dalla giuria, indipendente e composta da esperti riconosciuti a livello internazionale, ma dalla scarsità delle risorse a disposizione. Soltanto un anno prima erano stati finanziati 40 studi con 31.294.724 euro su un totale di 343 protocolli valutati, sempre pochi soldi ma comunque oltre quattro volte di più dell’ultimo bando.
Certo, il problema della scarsità di risorse economiche vale per tutti e in tutti i campi.
Però quello che sembra scarseggiare è anche il coordinamento tra le diverse fonti istituzionali di finanziamento.
Non ci risulta esistere infatti in Italia un ente che promuova e diriga lo sviluppo della ricerca indipendente (pronti a ricredersi nel caso ci sia sfuggito). Se il futuro del nostro Paese dipende dalla ricerca allora l’orizzonte appare sempre più fosco. Tenendo conto anche delle risorse umane necessarie per stendere un protocollo di ricerca che , ragionevolmente, non avrà poi quasi nessuna possibilità di andare a buon fine, viene quasi da ridere (amaramente) delle lacrime che si versano poi sulla fuga dei cervelli.