Corriere della Sera

IL RISO AMARO PER I CERVELLI IN FUGA

- di Luigi Ripamonti

Per ricerca indipenden­te si intende quella condotta senza nessun tipo di priorità economica, come lo è invece quella cosiddetta sponsorizz­ata, sostenuta per lo più da aziende farmaceuti­che, i cui sviluppi sono dettati da altri obiettivi, per quanto trasparent­i e molto importanti. Nel nostro Paese la ricerca indipenden­te istituzion­ale pubblica si riassume in poche tipologie di bandi: i progetti di rilevante interesse nazionale promossi dal Miur (chiamati Prin), la Ricerca finalizzat­a finanziata dal Ministero della Salute e i bandi dell’agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), oltre a bandi regionali in alcune realtà come la Lombardia. Quelli sviluppati da Aifa hanno caratteris­tiche di particolar­e interesse perché hanno come finalità la valutazion­e dell’utilizzo di farmaci per indicazion­i e utilizzi che non verrebbero mai studiati dall’industria farmaceuti­ca e che possono avere ricadute positive sul nostro Servizio Sanitario. Averla promossa è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese. Purtroppo però i bandi Aifa sono stati emessi a singhiozzo negli anni, con salti e interruzio­ni, ma soprattutt­o con sempre meno fondi.

I risultati dei bandi 2017 sono stati pubblicati da poco: su 368 progetti ne sono stati finanziati 12, per un totale di 7 milioni di euro, con una percentual­e di «rigetto» vicina quindi al 97 per cento. La cosa non dipende dalla giuria, indipenden­te e composta da esperti riconosciu­ti a livello internazio­nale, ma dalla scarsità delle risorse a disposizio­ne. Soltanto un anno prima erano stati finanziati 40 studi con 31.294.724 euro su un totale di 343 protocolli valutati, sempre pochi soldi ma comunque oltre quattro volte di più dell’ultimo bando.

Certo, il problema della scarsità di risorse economiche vale per tutti e in tutti i campi.

Però quello che sembra scarseggia­re è anche il coordiname­nto tra le diverse fonti istituzion­ali di finanziame­nto.

Non ci risulta esistere infatti in Italia un ente che promuova e diriga lo sviluppo della ricerca indipenden­te (pronti a ricredersi nel caso ci sia sfuggito). Se il futuro del nostro Paese dipende dalla ricerca allora l’orizzonte appare sempre più fosco. Tenendo conto anche delle risorse umane necessarie per stendere un protocollo di ricerca che , ragionevol­mente, non avrà poi quasi nessuna possibilit­à di andare a buon fine, viene quasi da ridere (amaramente) delle lacrime che si versano poi sulla fuga dei cervelli.

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