A tradire il nostro modello alimentare le donne ipersalutiste e quelle fanatiche della «linea»
Imeno giovani restano più spesso fedeli, alla dieta mediterranea, ma non si può negare che molti la stiano pian piano abbandonando. Lo dicono anche i dati raccolti, all’interno della «Campagna di informazione sugli stili di vita. Curare la Salute», attraverso un questionario rapido e completo che è stato compilato da oltre 27mila utenti per valutare i consumi alimentari giornalieri e settimanali.
I risultati, analizzati dal Censis, lasciano poco spazio ai dubbi: stiamo andando «alla deriva» e solo l’olio mantiene buoni livelli di consumo mentre altri prodotti tipici della dieta mediterranea, dai vegetali al pesce, dai legumi fino alla pasta, stanno arretrando.
I motivi sono vari, secondo gli esperti, e vanno dal poco tempo a disposizione per preparare i pasti che ci fa propendere per i prodotti pronti alle nuove tendenze alimentari, non per forza salutari; quale che sia la ragione, è evidente che a fronte di una tendenza al salutismo sempre più diffusa stiamo invece sbagliando sui principi fondamentali.
E siamo perfino convinti di non farlo: confrontando i consumi dichiarati con i giudizi individuali sulle proprie abitudini a tavola, la maggioranza è assai indulgente con se stessa e pensa di mangiare molto meglio di quanto in realtà non faccia. «È il paradosso alimentare di oggi — osserva Michele Carruba, direttore del Centro studi e ricerche sull’obesità dell’università di Milano —. L’abbondanza di cibo, associata al cambiamento delle abitudini e dello stile di vita, ha impoverito i consumi e portato ad abbandonare i cibi semplici che appartengono alla tradizione mediterranea».
I dati del Censis sottolineano peraltro che a rischio di carenze è soprattutto la popolazione più fragile, dai bambini alle donne in gravidanza, agli anziani: i bimbi per esempio mangiano oggi pochissimo pesce, che invece dovrebbe essere consumato almeno due volte a settimana anche prima dei tre anni (va benissimo il pesce azzurro del Mediterraneo ma anche quello congelato, soprattutto delle zone sub-artiche dove è meno contaminato da inquinanti).
I bambini esagerano invece con il sale e gli zuccheri e perfino con pane e farinacei, che spesso vengono dati in abbondanza ai più piccini: l’errore è considerarli come adulti in miniatura, invece fino a tre anni hanno un metabolismo e una digestione diversi, da tutelare con scelte alimentari da condividere con il pediatra.
Colpisce poi, scorrendo i dati raccolti dall’indagine, scoprire che di fatto nessuno può dirsi del tutto virtuoso: valutando i consumi alimentari infatti si possono individuare cinque profili di italiani ma nessuno è esente da possibili carenze.
Neppure le donne, più attente alla salute: per esempio le quarantenni sempre a dieta (il 31% del campione) fanno attività fisica e mangiano pesce, carni bianche e legumi, ma pur essendo convinte di consumare tanta verdura in realtà ne introducono poca, in più seguono regimi sbilanciati verso le proteine e carenti di cereali. Anche le salutiste (22 per cento) e le sobrie (14 per cento), in genere più in avanti negli anni, pensano di avere una dieta più «green» di quanto non sia in realtà; non va poi molto meglio agli uomini, dagli onnivori (il 14 per cento del campione) ai giovani voraci (il 18 per cento), visto che i primi spesso esagerano nelle porzioni di pasta, pane e carne e portano in tavola il pesce, latticini e uova solo di rado mentre i secondi mangiano troppo di tutto e quasi mai il pesce, indulgendo spesso anche in alcolici e dolci.
Tutti, quindi, dovremmo migliorare qualcosa nelle nostre abitudini, tornando alla dieta mediterranea delle origini, quella dei nostri nonni.
Errori al femminile
Nel menù di quante si dichiarano sempre attente alla forma ci sono in realtà troppe proteine, pochi cereali e anche poca verdura