Confusione sui farmaci per malati rari cronici
Asl di regioni in piano di rientro (e non solo) rallentano o fermano la fornitura di medicinali e integratori «extra-lea» ma indispensabili per casi specifici
Per i pazienti con fibrosi cistica, c’è un chiarimento da parte del ministero della Salute: «Risulta inclusa nei livelli essenziali di assistenza l’erogazione a titolo gratuito delle prestazioni sanitarie, ivi compresa la fornitura gratuita del materiale medico, tecnico e farmaceutico necessario, ossia i farmaci necessari secondo le indicazioni terapeutiche prescritte dai Centri di riferimento regionali, a prescindere dalla fascia di rimborsabilità» . alle domande dei lettori sulle malattie rare all’indirizzo
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Nella vita di un malato raro capita anche questo: che una Asl temporeggi sulla fornitura gratuita di farmaci in fascia C e integratori prescritti da un medico come «indispensabili e insostituibili», pena l’aggravarsi della patologia, o perché «prodotti salvavita».
Prendiamo il caso denunciato dal papà di una ragazza che soffre di cistite interstiziale (malattia rara), della provincia di Taranto: «A gennaio l’asl ha autorizzato il piano terapeutico di mia figlia solo per un mese, poi ha preteso un’altra visita. Il centro di riferimento di Roma che la cura ha confermato che farmaci e prodotti prescritti sono indispensabili e insostituibili per evitare che peggiori. Il 6 febbraio ho consegnato all’asl la documentazione, ma hanno detto che non possono più concedere farmaci di fascia C e integratori poiché la regione Puglia è in piano di rientro (del debito, ndr). Ho fatto presente che una recente nota del ministero della Salute consente alla famiglia di presentare “una specifica istanza alla Asl per un provvedimento ad hoc che disponga l’erogazione dei prodotti in questione, a seguito di una valutazione clinica che ne attesti l’indispensabilità e insostituibilità”. Ma continuano a prendere tempo».
Quella riportata è solo una delle segnalazioni giunte ad A.MA.RE Puglia, rete regionale di 22 associazioni di pazienti con malattie rare. Riferisce la presidente Riccarda Scaringella: «Ci chiamano malati e familiari disperati che si vedono negare dalle Asl le prestazioni extra Lea, cioè non incluse nei Livelli essenziali di assistenza, che pure sono indicate nel piano terapeutico fatto dal Centro di riferimento per quella malattia. Accade anche se è già stata certificata l’indispensabilità e insostituibilità, come richiede la nota ministeriale del 1° febbraio. In attesa di indicazioni chiare e precise dalla Regione, i distretti socio-sanitari, Asl e farmacie ospedaliere non danno nulla a carico del Servizio sanitario. I pazienti, però, non possono interrompere le cure aspettando i tempi della burocrazia».
Il problema non riguarda solo i malati rari pugliesi ma anche quelli che vivono in altre Regioni in piano di rientro, e non solo. «Le malattie rare spesso necessitano di trattamenti come farmaci di fascia C, integratori, presidi dermatologici, cosmetici, indispensabili per la stessa sopravvivenza dei pazienti — chiarisce Giuseppina Annicchiarico, responsabile del Coordinamento malattie rare della regione Puglia e del gruppo di studio malattie rare del comitato scientifico della Federazione italiana medici pediatri —. Questi prodotti, non rientrando nei Lea, sono a carico degli assistiti. In alcuni casi il loro costo può essere di svariate migliaia di euro».
Una sorta di tassa sulla salute. «Le Regioni in equilibrio economico possono erogare gratuitamente, con fondi propri, ulteriori livelli di assistenza, cioè extra Lea — spiega l’avvocato Roberta Venturi, consulente dello sportello legale di Omar-osservatorio malattie rare — . Ma quelle in piano di rientro, no. Lo ha ribadito lo scorso dicembre il Ministero della Salute, interpellato dalla regione Puglia».
Dopo le proteste dei malati, il 1° febbraio scorso il Ministero ha emanato una nuova nota che, pur confermando il divieto, rimanda alla risposta data a nel 2015 alla regione Campania: nelle Regioni in piano di rientro, in casi eccezionali, il direttore generale dell’asl può autorizzare la fornitura gratuita, al singolo malato raro, di prodotti indispensabili e insostituibili come risulta da certificazione medica.
Ma è sempre il paziente, o un suo familiare, a doversi attivare. Succede anche a malati rari che vivono in Regioni «virtuose». Racconta la mamma di un bambino con una malattia rarissima, della provincia di Como: «Mio figlio ha bisogno di prodotti per lui salvavita come vari tipi di colliri, creme per il corpo, gel per la bocca. Dopo diverse battaglie, ora la Asl li passa con un’autorizzazione speciale che dura un anno. Per rinnovarla passano anche tre mesi, nel frattempo acquistiamo tutto, spendendo circa 800 euro al mese». Che ci sia una babele di modalità e procedure lo segnala anche il Rapporto Monitorare di Uniamo, Federazione associazioni di pazienti con malattie rare (si veda il grafico). «Persone già provate da malattie spesso gravi sono costrette a eccessivi passaggi burocratici per avere terapie essenziali o a sostenerne il costo : — conferma la presidente Tommasina Iorno —. Se, però, per una determinata malattia rara un trattamento è ritenuto valido dalla comunità scientifica, andrebbe riconosciuto a tutti, a livello nazionale, per non discriminare i malati».
Possibili soluzioni? «L’anno scorso il Tavolo interregionale malattie rare della commissione salute della Conferenza delle Regioni — riferisce Annicchiarico che ne fa parte — ha presentato un documento sull’elenco dei farmaci di fascia C necessari per ciascuna delle malattie rare presenti nei Lea, in base ai dati di letteratura e dei registri regionali.
«È uno strumento che permetterebbe di garantire cure omogenee ed eque a tutti i malati,
Lea
È la sigla con cui vengono indicati i «Livelli essenziali di assistenza»