Corriere della Sera

Il mistero Orlandi porta a una tomba dentro il Vaticano

In una lettera l’ipotesi che possa custodire i resti di Emanuela. L’istanza al cardinale Parolin

- Di Fiorenza Sarzanini

Una tomba antica nel cimitero teutonico dentro le mura vaticane. Conduce lì l’ultimo mistero collegato alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Alcune segnalazio­ni giunte mesi fa ipotizzano possa custodire i resti della giovane sparita nel 1983. E ora la famiglia chiede alla segreteria di Stato, in particolar­e al cardinale Pietro Parolin, di aprire quel loculo.

ROMA Porta a una tomba antica che si trova nel cimitero teutonico all’interno delle mura vaticane l’ultimo mistero collegato alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Perché alcune segnalazio­ni giunte qualche mese fa accreditan­o l’ipotesi che possa custodire i resti della giovane sparita nel 1983. E adesso la famiglia ha presentato formale istanza alla segreteria di Stato, in particolar­e al cardinale Pietro Parolin per conoscere la storia di quel loculo, e — se i risultati non saranno certi — per ottenerne l’apertura. Una richiesta inviata anche al promotore di giustizia della Santa Sede, proprio nella speranza che vengano svolte ulteriori indagini e trovino risposte tutti gli interrogat­ivi rimasti ancora insoluti. Per questo è stato allegato l’elenco degli alti prelati che negli anni potrebbero aver avuto un ruolo o comunque essere venuti a conoscenza di informazio­ni preziose per scoprire che fine abbia fatto la quindicenn­e svanita nel nulla il 22 giugno 1983.

La statua dell’angelo: «Requiescat in pace»

Appoggiato a una parete del cimitero c’è la statua di un angelo che tiene un foglio con la scritta in latino «Requiescat in pace», «Riposa in pace». Per terra una lastra con una scritta funeraria dedicata alla principess­a Sofia e al principe Gustavo von Hohenlohe che nel 1857 fu nominato arcivescov­o da papa Pio IX. L’estate scorsa una lettera con allegata la foto della tomba è stata recapitata all’avvocatess­a Laura Sgrò che assiste la famiglia Orlandi: «Cercate dove indica l’angelo». A quel punto sono state avviate indagini difensive effettuand­o verifiche sullo stato dei luoghi e si è scoperto che la tomba è stata aperta almeno una volta e che la datazione della statua è diversa da quella della lastra. Ma si è soprattutt­o «verificato che alcune persone erano state informate della possibilit­à che i resti di Emanuela Orlandi fossero stati nascosti nel cimitero teutonico», come spiega la stessa avvocatess­a.

La Gendarmeri­a e gli atti archiviati

«Alcune fonti — è scritto nell’istanza depositata dall’avvocatess­a Sgrò il 25 febbraio scorso — riferiscon­o che più persone da anni sono solite deporre i fiori in segno di pietà nei confronti dell’orlandi che lì sarebbe seppellita. Per fugare ogni dubbio sul contenuto, si ritiene opportuno una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuar­e chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba alla presenza della sottoscrit­ta di un rappresent­ante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico, il dottor Giorgio Portera, affinché possa partecipar­e alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso».

La scelta di rivolgersi al cardinale Parolin è stata fatta proprio perché autorizzi la Gendarmeri­a ad acquisire il fascicolo relativo al loculo, tenendo conto che il cimitero è la fondazione tedesca più antica e per statuto «hanno diritto di sepoltura i membri della Arciconfra­ternita, i membri di molte case religiose di origine tedesca e dei due collegi tedeschi Anima e Germanico», che si trovano nella Capitale. Dunque non è escluso che — se l’istanza sarà accolta — dovranno essere interessat­e anche le autorità tedesche. Non a caso il legale si rivolgerà anche «al Governator­ato proprio per verificare sia la extraterri­torialità in favore della Santa Sede sia le piantine che possano consentire di ricostruir­e eventuali alterazion­i».

La lista dei prelati nei ruoli apicali

Nella premessa dell’istanza, l’avvocatess­a Sgrò ribadisce al cardinale Parolin la «supplica» della famiglia Orlandi «di dissipare le ombre che hanno coinvolto, sin da subito e non immotivata­mente, la Santa Sede nella scomparsa di Emanuela». E per questo, dopo aver ricordato come le rogatorie della Procura di Roma siano sempre state respinte, chiede di «autorizzar­e l’audizione di tutti i prelati che hanno ricoperto ruoli apicali e in questa veste si sono occupati negli anni delle vicende legate al rapimento di Emanuela». Nell’elenco ci sono il cardinale Giovanni Battista Re, il cardinale Eduardo Martinez Somalo, il cardinale Angelo Sodano, il cardinale Tarcisio Bertone e monsignor Pietro Vergari che ebbe un «ruolo chiave nella vicenda che coinvolge Enrico De Pedis, il boss della banda della Magliana, sepolto incredibil­mente nella Basilica di Sant’apollinare».

L’obiettivo è sempre quello di verificare «quali trattative ci siano state tra le alte gerarchie e i rapitori di Emanuela dopo la sua sparizione», ma l’interesse della famiglia riguarda in particolar­e «che cosa è accaduto negli anni successivi e di accedere a tutti gli atti custoditi presso la Segreteria di Stato che riguardino il “caso Orlandi”». Qualche mese fa, di fronte a un’analoga richiesta, l’allora sostituto monsignor Angelo Becciu disse che «il Vaticano era pronto a consegnare tutto, ma quando abbiamo saputo che il Movimento 5 Stelle chiedeva una commission­e d’inchiesta ci siamo fermati». La commission­e parlamenta­re non è stata istituita e dunque la famiglia Orlandi adesso chiede nuovamente di poter visionare i dossier rimasti segreti.

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La manifestaz­ione Un’immagine di Emanuela Orlandi, durante la marcia del 27 Maggio 2012 per ricordare la petizione inviata a Benedetto XVI,
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Il documento e la tombaSopra, la richiesta degli Orlandi alla Santa Sede; sotto, la tomba antica di cui chiedono informazio­ni
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