Gentiloni verso la presidenza Il tesoriere Bonifazi primo a saltare
Così cambia il partito. Misiani, ex uomo dei conti di Bersani, avvierà i controlli
ROMA Nicola Zingaretti, neosegretario del Pd, è un uomo mite ma tenace e comunque è un politico che non cerca il conflitto. Però, da buon amministratore, ha già dato uno sguardo ai conti del Pd. E non tornano.
È «sprofondo» rosso. Più di 170 dipendenti in cassa integrazione, le federazioni che boccheggiano, consulenze superpagate ai gruppi parlamentari e al partito. Morale della favola, la sua prima vera azione da numero uno del Pd sarà quella di inviare Antonio Misiani, ex tesoriere di Bersani, a «verificare i conti». Si aspetterà la sua valutazione per decidere il da farsi.
È un primo ineludibile passo. In contemporanea Zingaretti «licenzierà» il tesoriere del Pd messo da Renzi, cioè Francesco Bonifazi, e lo sostituirà. Con chi? Forse con lo stesso Misiani che da oggi comincerà a vagliare i conti del partito o con un esponente del Pd al di sopra di ogni sospetto: Luigi Zanda, ex capogruppo al Senato.
Ma questo non vuol dire che Zingaretti intende scendere in guerra contro i renziani. Il neosegretario sa che le Europee sono il suo banco di prova e non vuole spaccare il partito in vista di quell’appuntamento. Perciò non toccherà i gruppi parlamentari in questa prima fase, ma si occuperà solo delle liste. Eletto segretario formalmente, vedrà Emma Bonino, Federico Pizzarotti e Monica Frassoni. Ossia «più Europa», le liste civiche e i Verdi europei. Quelli che hanno già detto di no a Calenda per un listone unitario. Lui insisterà, pronto anche a mettere in gioco il simbolo del partito: «Poi vedremo».
Se i suoi interlocutori confermeranno il no, il governatore del Lazio (perché tale rimarrà durante la sua segreteria) tenterà la carta dei capilista ad effetto, la maggior parte non di partito: Giuliano Pisapia, Carlo Calenda, Massimo Cacciari, Ilaria Cucchi e un’altra donna da definire.
Già, quello delle Europee è il secondo dossier che, dopo il capitolo dei conti in rosso del Pd, il neosegretario aprirà. Il traguardo massimo è superare i 5 Stelle, quello minimo, ma sempre importante, è riuscire a prendere più consensi delle scorse elezioni politiche. Per questa ragione Zingaretti incontrerà presto anche il segretario della Cgil Landini.
Ma il governatore del Lazio pensa anche al futuro meno immediato. Ossia quello delle elezioni politiche. «Potrebbero anche essere fra un anno», dice ai suoi il governatore della Regione Lazio. Che non si vuol fare trovare impreparato all’appuntamento.
Per questa ragione ha deciso di proporre Paolo Gentiloni presidente del partito. E candidato premier, visto che Zingaretti, al contrario di Renzi, ritiene che il segretario del Partito democratico non debba automaticamente correre per Palazzo Chigi. Insomma, Gentiloni sarà il nuovo Prodi.
In compenso Zingaretti sta meditando sul fatto di non nominare un vicesegretario (alcuni pensavano potesse essere Martina, a scapito della componente renziana che già preannunciava la decisione di andare formalmente in minoranza). Ma è proprio l’avversione «per un partito condizionato dalla correnti, come è stato finora», che spinge il governatore del Lazio a cercare strade alternative a quelle «del partito chiuso».
«Si potrebbe pensare a fare degli organismi dirigenti in cui siano invitati permanenti rappresentati delle associazioni del volontariato e del mondo studentesco», è la riflessione ad alta voce che fa il neosegretario del Partito democratico.
Zingaretti pensa a «consultazioni tra iscritti e simpatizzanti» per prendere alcune decisioni senza farsi condizionare dalle correnti e dai suoi stessi sponsor. Userà la clava solo in Sicilia dove ha intenzione di rimuovere presto il segretario regionale Davide Faraone, renzianissimo, reo di aver dimezzato i gazebo in Sicilia.