Chicago, la sfida tra Toni e Lori La sindaca sarà una donna nera
Esodo di afroamericani dalla città. Ma due liberal si contendono la poltrona
Comunque vada, il prossimo sindaco di Chicago sarà, per la prima volta, una donna afroamericana. Toni Preckwinkle, 71 anni, e Lori Lightfoot, 56, si contenderanno alle urne, il 2 aprile, la poltrona occupata per due mandati da Rahm Emanuel, ex capo dello staff alla Casa Bianca con Barack Obama.
Chicago, «la città ventosa», è una delle metropoli più belle e più contraddittorie degli Stati Uniti. Il «loop», l’anello centrale è tra le aree più allettanti per i costruttori e gli immobiliaristi del Paese. Ma per molti americani, a cominciare da Donald Trump che pure qui ha costruito una delle sue Torri più celebri, Chicago è soprattutto la capitale della criminalità, un territorio in balia dei trafficanti di droga e delle gang armate. I segnali, in realtà, sono contrastanti. Negli ultimi 15 anni circa 200 mila abitanti se ne sono andati, specie i neri che vivono nei quartieri della zona sud. Anche se ora le statistiche indicano che nei primi due mesi del 2019 il tasso di violenza si sia ridotto: 44 omicidi contro gli 80 dello scorso anno; 214 sparatorie rispetto a 282. Forse il piano del sindaco comincia a dare risultati. Emanuel, però, ha deciso di farsi da parte Lori Lightfoot, 56 anni (a sinistra) e Toni Preckwinkle, 71 anni, sono le sfidanti per la carica di sindaco di Chicago
e quindi toccherà alle due candidate ripartire da qui.
Toni Preckwinkle fa politica da sempre nelle istituzioni locali. Nata a Saint Paul in Minnesota, ha studiato all’university of Chicago. Ha insegnato per qualche anno, prima di essere eletta nel consiglio comunale, dove è rimasta dal 1991 al 2010. Poi altri otto anni come presidente del Cook County Board, un organismo politico-amministrativo intermedio. Sposata, due figli, Toni è anche la leader regionale del partito democratico. Corrente liberal: favorevole alla depenalizzazione del possesso, in modica quantità, della marijuana; fautrice di una profonda riforma del sistema carcerario per i minorenni; sostenitrice di leggi restrittive sulle armi. È nota, però, soprattutto per aver introdotto la tassa sulle bevande gassate, ritirata dopo una mezza rivolta popolare.
Lori Lightfoot è invece l’outsider, la sorpresa assoluta di queste votazioni. Si è qualificata per il ballottaggio scavalcando il favorito William Daley, figlio e fratello dei sindaci che hanno governato la «windy city» per quarant’anni.
Lori viene dall’ohio e si è laureata alla University of Chicago Law School. Se venisse eletta, sarebbe anche la prima persona omosessuale a diventare sindaco di questa città.
Comincia come avvocato e poi come pubblico ministero federale. Nel 2015 Rahm Emanuel la nomina a capo della Chicago Police Board, una commissione di vigilanza sull’operato delle forze dell’ordine. Ma la sintonia con il primo cittadino dura poco. Lightfoot coordina l’inchiesta sulla morte di un ragazzino afroamericano, Laquan Mcdonald, ucciso da un agente di polizia. Il rapporto finale è durissimo: il Police Department di Chicago è accusato di «razzismo sistematico». Era la primavera del 2016: da quel momento Lightfoot, anche lei democratica, progetta di candidarsi contro Emanuel. Si misurerà, invece, con un’altra afroamericana e una sfida incerta: i due terzi degli elettori nel primo turno non hanno scelto né Toni, né Lori.