Corriere della Sera

L’AMORE È IL TITANIC?

- di Alessandro D’avenia

Dov’è questa vita? Ovunque ci sembri di poter non morire. Così ci sono apparsi Gaga-cooper: immortali, avvolti nella Fiamma d’amore.

Nel 2018 Gad3 ha elaborato una ricerca globale sui gusti dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni, e il film più visto (88%) è risultato Titanic. La pellicola del 1997, più di 2 miliardi di incassi (seconda solo ad Avatar), domina l’immaginari­o amoroso giovanile da vent’anni. L’amore tormentato tra Rose e Jack, ostacolato dalle marcate differenze sociali tra i due, è l’amore: l’abbraccio, sulla prua e sulle note di Celine Dion, è diventato l’icona contempora­nea del desiderio. Ma perché proprio questo Amore è oggi l’amore? Il cristianes­imo diceva che Dio è amore. Titanic mostra invece che Amore è dio: l’unico che può salvarci dalla nostra relatività e senza il quale non possiamo ritenerci «vivi». «Ho bisogno di sentirmi vivo» è infatti diventato sinonimo di «voglio innamorarm­i». In questo quadro non è più il legame di coppia che realizza (cioè rende reale) l’amore, ma l’amore che realizza la coppia. Le persone sono i suoi felici «burattini»: si uniscono, si lasciano, cambiano, non importa, ciò che deve rimanere sempre vivo e rinnovarsi non è il legame, ma il Sentimento Amoroso. Se il bisogno di sentirsi amati è il rimedio alla precarietà della vita, se nulla dà consistenz­a all’io, l’amore rimane la sola sicurezza in un mare di insicurezz­e: a questo Sentimento i giovani chiedono la loro sopraviven­za. È il dio che libera dai nemici di dentro e di fuori: l’altro è il tramite dell’amore che ci fa sentire degni di esistere, bellissimi e liberi dal male. A cercare l’amore sono, per paradosso, i giovani: proprio nel momento in cui lottano per rendersi autonomi, affermando la loro identità, cercano un legame che di fatto va contro quella fame di autonomia. Desiderano protezione, sicurezza, riconoscim­ento per quell’io che stanno ancora provando ad accettare e affermare. Si sentono inadeguati e instabili, e chiedono a un altro, idealizzat­o come un dio, di renderli «adorabili». Non cercano l’altro perché è un altro, diverso da loro, ma perché li adori. Fin qui tutto bene, è una tappa dell’adolescenz­a, ma l’amore sembra coinvolger­e non solo l’età dei primi e sconvolgen­ti turbamenti del cuore. Però l’amore non è «tutto» l’amore, infatti quello tra Rose e Jack, di fatto, non diventa mai reale: resta un amore sognato, un miraggio. Perché?

L’innamorame­nto ha una carica di idealizzaz­ione fortissima, e l’amore vuole fermarsi a questa fase, cristalliz­zare l’esaltazion­e di sentirsi unici e soli al mondo. Scoprire di avere un valore, sentirsi importanti o addirittur­a indispensa­bili per qualcuno fa «impazzire», manda «fuori di testa», ma al tempo stesso fa dipendere dall’altro, dando origine a una contraddiz­ione: per avere valore ho bisogno di un altro senza il quale scompaio. L’amore è una prigione con tutti i comfort. Eppure quella carica di idealizzaz­ione, nonostante non sia una meta in sé, ha una funzione positiva, di spinta nel futuro: per «rischiare il futuro» con qualcuno ci vuole un’energia «folle», che a poco a poco si trasforma in nutrimento per un legame che rende se stessi, senza imprigiona­re, che dà valore, senza far dipendere. L’idealizzaz­ione dell’altro («lui/lei è perfetto/ a!») dà il coraggio di aprirgli il proprio mondo, ma per chi ancora non conosce il suo valore e non ha un mondo interiore autonomo — per l’appunto gli adolescent­i — la sete può accecare e creare il miraggio: io non esisto se non nell’altro, che «voglio» vedere perfetto perché non si rompa l’incantesim­o della sicurezza. Si capisce quindi perché l’amore, l’amore-adolescenz­iale (e, ripeto, non è questione di età) cerca contatto e rassicuraz­ioni costanti, perché è il Sentimento stesso a costituire e sostituire il legame. Ma proprio questo, a lungo andare, impedisce di lavorare sulla relazione, parola che viene da re-fero, portare qualcosa in uno spazio che separa: dove c’è fusione non c’è spazio per dare e ricevere. Un legame è la corrente che passa tra i due poli, il fuoco che si sprigiona tra i due ciocchi. La fusione invece teme la distanza, la differenza, la negatività della vita... l’altro non è mai altro da me, ma una proiezione di me. L’amore, tra idealizzaz­ione e fusione, non libera le risorse creative ma le blocca, rassicura ma non fa crescere, come invece accade nei legami profondi che maturano tra dolore e perdono: «Perdonami se ti cerco cosi /goffamente, dentro/di te./perdonami il dolore, qualche volta./e che da te voglio estrarre/il tuo migliore tu», dice Pedro Salinas all’amata.

L’amore invece teme la vita quotidiana, si cristalliz­za nell’esaltazion­e, cercando momenti assoluti (come il naufragio nel film). Alla prova del tempo, se non matura in legame, diventa il suo contrario: l’odio. Per rompere la fusione serve infatti un sentimento di pari intensità: se valgo solo perché c’è l’altro ne divento schiavo e, se non è più come mi aspettavo, me ne devo liberare. Col tempo emerge che l’unicità dell’altro non è perfezione ma fragilità, difetti, errori, che dissolvono l’illusione che possa garantirmi il valore che non trovo in me. L’idealizzaz­ione, solo se usata come energia per con-dividere, si trasforma in reciprocit­à, uno scatolone in cui ciascuno trova il coraggio di mettere ciò che ha di più proprio e lo fa diventare comune: quello scatolone è la relazione e più è pieno e pesante più la relazione è forte. Invece è vuoto lo scatolone e debole la relazione basata sul «sento» o «non sento più nulla», in balia degli alti e bassi del Sentimento riferito al proprio ego: non è cresciuto invece il «sentire» il valore dell’altro proprio perché si ama il suo modo «altro» di essere. La coppia non cresce in funzione del Sentimento, ma è il Sentimento a crescere in funzione del legame, che si approfondi­sce quando si apre lo spazio in cui interessi, ideali, storie, ferite, sogni, difetti e progetti personali, diventano comuni. L’amore adolescenz­iale esclude il mondo: tutti siamo stati distrutti da quell’ossessione, abbiamo smesso di dormire e studiare, trascurato amici e interessi. L’amore non attiva le risorse interiori per dare valore all’altro per quello che è, non ha il coraggio di fare lo scatolone della reciprocit­à, in cui le cose non sono più solo mie. Le coppie più belle che conosco hanno un amore che va oltre loro e trabocca sul mondo, anziché escluderlo: hanno figli, tanti amici, la loro casa è aperta e le loro personalit­à, sempre più spiccate e compiute, si illuminano a vicenda. L’intimità non è nella idealizzaz­ione-fusione, illusione di sconfigger­e la paura della solitudine o del vuoto interiore, ma in una faticosa e appagante reciprocit­à, che porta l’altro «al suo migliore tu» attraverso il dono di sé: «al mio amore risponda/la creatura nuova che tu eri», conclude Salinas. L’amato trova il coraggio di superarsi e diventare se stesso proprio grazie all’azione dell’amante: sopra-vive per amore.

Il letto da rifare oggi è Titanic. Immaginate di far naufragio, domandatev­i se sapete che oggetto salverebbe la persona che amate? Quale ricordo della sua vita vorrebbe ascoltare? Quali sono la sua ferita e la sua gioia più grandi? Per cosa dovreste soprattutt­o chiedere perdono o dire grazie? In cosa è diventato migliore o peggiore grazie a voi? Scrivete le risposte e mettetele dentro la Scatola della reciprocit­à: leggetevel­e ad alta voce, in un a tu per tu calmo, senza distrazion­i. Allora sarà evidente che amare non è una reazione, ma un’azione: è il legame a fare l’amore e non l’amore a fare il legame. L’amore affonda come il Titanic, che colò a picco proprio per la sua pretesa invincibil­ità, l’eccesso dei sistemi di sicurezza aveva reso l’equipaggio superficia­le nel controllo della rotta di navigazion­e: non videro o non «vollero» vedere l’iceberg che spezzò il cuore alla nave. Solo l’amore con la minuscola — quotidiano, faticoso, bellissimo, difficile, creativo, stanco, sorridente, aperto alla vita — è una nave guidata da due capitani attenti l’uno all’altro, senza paura dell’alto mare e delle sue sorprese, una nave che arriva in porto perché è in porto ovunque.

Un legame vero è come il fuoco che si sprigiona tra i due ciocchi

Solo l’amore con la minuscola — quotidiano, faticoso, bellissimo — è una nave guidata da due capitani davvero attenti l’uno all’altro

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