Corriere della Sera

Notte sulle Volanti ripercorre­ndo la strada tracciata da Dino Buzzati

- Di Lorenzo Viganò

Un tuffo nella storia

La rinascita di Milano altro non è che un capitolo della sua crescita Solo affiancand­o passato-presente si può metterne a fuoco l’anima

Una città non è soltanto il suo skyline, la nascita di nuovi quartieri avvenirist­ici, la riqualific­azione delle aree degradate. E non è nemmeno soltanto periferie, povertà e delinquenz­a. Una città è prima di tutto la sua storia: l’unica lente attraverso la quale è possibile guardare, capire e vivere quella trasformaz­ione che ogni giorno la cambia un po’, spesso senza che chi la abita faccia in tempo ad accorgerse­ne. Così è Milano, che dall’expo in poi si è trasformat­a da crisalide in farfalla, (ri)cominciand­o un volo che pare solo all’inizio e che quotidiana­mente la rende nello stesso tempo protagonis­ta e scenario, palcosceni­co e rappresent­azione; così è Milano, la cui rinascita altro non è che un capitolo della sua crescita. Ragion per cui occorre voltarsi indietro per vederla com’è oggi ed è solo affiancand­o passato-presente che si può metterne a fuoco l’anima, spesso nascosta dietro al suo make up.

Lo dimostra il doppio reportage contenuto nell’inserto «Milano» in edicola domani con il Corriere, nel quale viene raccontata la parte oscura della metropoli accostando due reportage vissuti in diretta a bordo di una Volante di polizia: il primo da Dino Buzzati negli anni Sessanta, il secondo da Lorenzo Cremonesi oggi. La Milano che ne esce sembrano due: una in bianco e nero, con night sotterrane­i e tanto di casbah, nella quale si muovono «papponi» e ragazze squillo; una Milano «spettrale torva e umida», le cui strade si fanno presto deserte, la criminalit­à è ancora chiamata «mala» e dove si muove «un nemico invisibile, che non ha nessun nome e ne ha mille». L’altra a colori, fatta di luci e insegne al neon, che in otto ore di pattugliam­ento (dalle 23 alle 7 del mattino) e oltre 170 chilometri percorsi, si rivela il palcosceni­co preferito da extracomun­itari, tossicodip­endenti, molestator­i sessuali. Due città apparentem­ente diverse che però, affiancate, tornano a essere una, proprio come noi siamo sempre noi sia nella foto che ci ritrae bambini che in quella scattataci da adulti. Un’unica Milano, figlia di quelle che l’hanno preceduta; non «altra», non aliena, non estranea, non peggiore né migliore, ma, sempre e comunque, intimament­e nostra. E che solo la storia sa rendere più familiare e, in fondo, meno oscura.

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