INTERVENTI E REPLICHE
Taxi e Ncc: le nuove regole varate dal governo
Sostenere ciò che hanno sostenuto i professori Alesina e Giavazzi nel loro ultimo editoriale «Manine interessate sulle leggi», pubblicato sul Corriere del 2 marzo, rappresenta una lettura al contrario della verità delle cose, almeno per quanto concerne il settore taxi e Ncc (noleggio con conducente). Con un po’ di vena polemica, si potrebbe dire che non potesse essere diversamente per due professori che si sono fatti apologeti di una deriva neoliberista per la sinistra, con un saggio a ciò dedicato; e infatti la sinistra è oggi invisa da parte dei popoli quanto mai prima nella storia post-bellica occidentale, proprio per aver seguito quella ricetta. L’attuale governo, differentemente da quanto riportato nell’editoriale, ha ampliato le possibilità operative degli Ncc, allargandone i confini dei territori da servire e le eccezioni all’obbligo del rientro in rimessa. In parallelo, ha introdotto regole volte a ripristinare un principio di legalità gravemente violato da una deregolamentazione de facto introdotta dal vergognoso «emendamento Lanzillotta» che, nella sua smaccata ispirazione liberista, ha di fatto legalizzato un fenomeno di concorrenza sleale a discapito di tassisti e Ncc operanti nelle regole, consentendo, difatti, di avere regole differenti in uno stesso mercato. Dire che l’attuale governo abbia recepito regole dettate dai tassisti, con le eccezioni e le aperture da questo introdotte vuole dire semplicemente avere sposato un «partito», più che una indipendente e obiettiva analisi delle cose, come dovrebbe essere proprio di un accademico. Ci sarebbe piaciuto che l’attenzione al settore i due professori l’avessero rivolta durante l’indecorosa stagione, protrattasi per lungo tempo, che di fatto aveva contribuito a istituire un doppio mercato: uno nelle e per le regole degli operatori taxi e Ncc, e un altro fuori dalle regole per altri molti Ncc e per le multinazionali straniere. Circa queste ultime, proprio recentemente, realtà come Danimarca, Belgio e Catalogna, dopo anni di complice e irresponsabile silenzio della politica, hanno deciso di tornare indietro.