Corriere della Sera

A SINISTRA SPERANZE (E ILLUSIONI)

- di Antonio Polito

Dopo tanto cercare un «papa straniero», il Pd ha scelto il modello del «papa buono». Anzi, del parroco buono. La faccia paciosa e lo stile ecumenico di Nicola Zingaretti sono stati spesso dileggiati in un partito notoriamen­te non privo di squali. Ma alla fine il giovane della «cantera», il leader fatto in casa, Nicola il temporeggi­atore, ha dimostrato di saper cogliere l’attimo, e non ha mancato il suo personale appuntamen­to con la storia.

Per il Pd e per il centrosini­stra la riuscita delle primarie, particolar­mente nelle grandi città, è sicurament­e una bella notizia: risolleva un mondo in palese crisi depressiva, che ci ha messo un anno a elaborare il lutto elettorale. Ma ciò che è successo nei gazebo domenica può cambiare anche la vicenda politica del Paese?

Forse sì. E non solo per l’ovvia consideraz­ione che un’opposizion­e in salute fa bene all’intero sistema democratic­o. Karl Popper diceva che l’essenza della democrazia non è decidere «chi deve governare», ma «come impedire che governanti cattivi o incompeten­ti facciano troppo danno». Perfino Andreotti, quando gli chiesero che cosa avrebbe fatto se avesse potuto disporre di un potere assoluto, senza opposizion­i, rispose: «Sicurament­e qualche sciocchezz­a».

Ma un Pd che si alza dal lettino dello psicanalis­ta e torna a camminare può avere effetti anche più concreti. Può, per esempio, competere con i Cinque Stelle per il secondo posto alle prossime elezioni europee.

Fino a qualche mese fa, il Movimento sembrava inarrivabi­le per i Democratic­i, quasi doppiati alle elezioni. Ma ora i sondaggi dicono che il Pd, anche se è rimasto più o meno dov’era, non è più così distante, perché il ritmo della caduta elettorale dei Cinque Stelle registrato in Abruzzo, in Sardegna, e forse presto in Basilicata, sembra molto accelerato. Per la prima volta, poi, tra i tanti elettori pentastell­ati in fuga ne compare qualcuno che torna al Pd. Ecco perché, in un partito galvanizza­to dalla luna di miele con il nuovo segretario (almeno qualche mese lo lasceranno in pace) si comincia a sperare ciò che prima di domenica sembrava impossibil­e: il sorpasso alle Europee. Con o anche senza il listone, se un’alleanza con i cespugli di centrosini­stra dovesse risultare troppo arzigogola­ta.

L’eventualit­à che a maggio i Cinque Stelle non siano più uno dei due pilastri del sistema politico manderebbe ovviamente in crisi l’intera ipotesi strategica su cui si fonda la traballant­e alleanza di governo. Con conseguenz­e imprevedib­ili. Può allontanar­e la crisi, se il terrore delle urne spingerà Di Maio ad avvinghiar­si a Salvini come un’edera. Oppure la accelererà. Ed è questo lo scenario su cui Zingaretti e anche Gentiloni, che lo affianca, scommetton­o. Nonostante le sirene che cominciano a cantare (gli auguri di Fico, le mani tese di Di Maio) non è praticabil­e per il nuovo segretario un ribaltone in caso di crisi. Anche perché i gruppi parlamenta­ri del Pd, così come sono oggi, non gli offrono davvero grande manovrabil­ità.

Ma per arrivare al voto, quando sarà, da leader di un partito competitiv­o, al neo segretario non basterà dare una rivernicia­ta di sinistra alla ditta. Molto c’è da fare, e non solo dal punto di vista organizzat­ivo. Meglio non dimenticar­e che, sommati, i due partiti al governo risultano oggi anche più forti di un anno fa, seppure a parti invertite. Meglio ricordare che i punti deboli del Pd, questione sociale, questione migranti, questione sicurezza, restano deboli.

L’ascesa di Salvini testimonia di un massiccio spostament­o a destra dell’opinione pubblica. L’italia è l’unico Paese fondatore dell’europa in cui un partito di destra nazionalis­ta arriverà primo alle prossime elezioni. L’idea che da qualche parte, nascosto ma pronto a balzar fuori, ci sia invece un popolo di sinistra in sonno e che basti evocarlo per tornare a vincere, sarebbe quanto meno ingenua, visti i tempi. Le prossime elezioni europee saranno innanzitut­to italiane: la gente voterà sull’economia e sulla nuova crisi che sta arrivando, non sui principi generali dell’unione Europea. Per allora Zingaretti dovrà dunque aver preparato una offerta politica nuova, che rimetta il Pd in sintonia non solo con la sinistra, ma con il Paese. E non basterà più riconoscer­e gli errori del passato — come Zingaretti ha giustament­e fatto nelle primarie — per riuscirci. Senza contare che neanche il commissari­o Montalbano sarebbe oggi in grado di svelare al nuovo segretario la soluzione del giallo di Renzi e del suo futuro; sul quale, come è noto, è consigliab­ile non stare sereni.

Scenari

Le sirene cominciano già a cantare ma un ribaltone in caso di crisi è impraticab­ile

Dubbi

Resta da risolvere il giallo Renzi, sul quale è consigliab­ile non stare sereni

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