Da Torino parte la sfida sul territorio Zingaretti pensa a due donne vice
Di Maio lo incalza: sostienici sul salario minimo. Lui: no a furbizie. E in caso di crisi vuole le urne
La prima uscita pubblica da segretario di Nicola Zingaretti (concordata con Paolo Gentiloni) è all’insegna di una doppia sfida. E infatti il governatore del Lazio, dipinto come un prudente mediatore, qualche giorno fa aveva anticipato a un paio di amici: «Vedrete che vi sorprenderò».
Così, il più romano dei leader del Pd ha spiazzato tutti volando via dalla Capitale per andare a Torino da Chiamparino e sostenere la Tav. Niente conferenza stampa di rito per commentare i risultati, niente, per dirla con le sue parole, «teatrino della politica romana».
La sfida lanciata ieri da Zingaretti è nazionale, cioè al governo, dove Lega e Cinque Stelle non riescono a mettersi d’accordo sull’alta velocità, ma anche regionale. Già, perché in Piemonte si vota e il segretario del Pd (eletto con una percentuale che oscilla tra il 66 e il 66,5 per cento) vuole mettere il Carroccio in difficoltà. L’elettorato di Salvini è quasi tutto «sì Tav» e non è certo soddisfatto dei continui rinvii dell’esecutivo. Zingaretti punta dunque alla riconferma di Chiamparino e alla sconfitta del candidato leghista e perciò ieri è volato a Torino.
Più in generale, il governatore del Lazio mira al sorpasso sui 5 Stelle. Ieri pomeriggio, mentre era ancora nel capoluogo piemontese, gli hanno fatto vedere il sondaggio della Swg, che in serata sarebbe stato reso noto dal telegiornale di Mentana: il Partito democratico è al 19,8 per cento, i grillini al 22,1. Poco più di due punti di differenza: una meta impensabile fino a un mese fa.
Di Maio, preoccupato, ieri ha provato a mettere all’angolo il neo segretario, proponendogli di appoggiare la sua proposta sul salario minimo garantito. Ma una proposta ce l’ha, e non da ora visto che è stata uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale, anche il Pd e Zingaretti ha liquidato la faccenda con queste parole: «I processi politici non si fanno con le furbizie». E un’altra proposta, quella sulle autonomie, arriverà a breve, assicura il governatore del Lazio. Zingaretti, che ha allacciato un filo diretto con il Quirinale, ritiene che si possa andare alle elezioni anticipate (perché lui, se crisi sarà, come ha fatto sapere a Mattarella, è favorevole alle urne) e perciò vuole che il partito sia pronto.
In serata Zingaretti è tornato a Roma, ma non ha messo piede al Nazareno. Lo farà solo quando sarà formalmente segretario, dopo l’assemblea nazionale del 17 marzo. Nel frattempo girerà l’italia, perché, dice, «non si può fare politica solo nei palazzi». E infatti oggi sarà vicino Frosinone, dove è stata riconvertita una ex fabbrica della Ideal Standard, salvando trecento posti di lavoro. Il 15, invece, sarà alla grande manifestazione sul clima.
Il neo segretario si muove quindi a tutto campo: «dialogo con i moderati»,rapporto con «l’associazionismo, i movimenti, i cattolici». Senza «pretese di egemonia». E infatti una delle “rivoluzioni” che il governatore del Lazio ha in animo di attuare nel suo partito riguarda la maggiore permeabilità rispetto all’esterno. Tradotto: accanto a ogni dipartimento del partito (Giustizia, Ambiente, Cultura, ecc) ci sarà un Forum tematico corrispondente aperto alla società civile. Guidati secondo una rigoroso rispetto della parità di genere. Cioè se ci sarà un uomo a capo del dipartimento a coordinare il Forum sarà una donna o viceversa. Come vice il segretario sceglierà due donne, di cui una probabilmente sarà Paola De Micheli.
Alcuni sostenitori di Zingaretti temono che dai gruppi (a maggioranza renziani) arrivino dei problemi. Ma il segretario non ha intenzione di
Le mosse
La scelta di non andare subito al Nazareno L’ipotesi di Paola De Micheli numero due
chiedere le dimissioni di Delrio e Marcucci, che presto lo incontreranno e, come da prassi, rimetteranno il loro mandato. Al Nazareno corre voce che Orlando e Martina aspirino al posto di Delrio e Mirabelli (area Franceschini) a quello di Marcucci. Ma non è nello stile di Zingaretti procedere col lanciafiamme. Perciò i due capigruppo resteranno. Diversa è la questione di alcune regioni. Come la Sicilia, per esempio, governata dal renziano Faraone. O la Campania dove si cercherà di arginare il potere del governatore De Luca. O il Lazio, attualmente diretto da renziani e uomini di Orfini.
La pratica che Zingaretti dovrà affrontare subito è quella del presidente, perché sarà eletto il 17. Il favorito è Gentiloni, anche se non tutti i renziani gradiscono questa ipotesi. Ma al momento i rapporti di forza sono quelli che sono e i loro margini di manovra sono esigui.