Il ritorno di Guaidó in stile rockstar Ma rischia l’arresto
Washington avverte Caracas: non lo toccate
Le date
● Juan Guaidó il 5 gennaio scorso diventa presidente dell'assemblea nazionale, esautorata da Maduro
● Il 23 gennaio Guaidó si autoproclama presidente ad interim del Paese invocando un emendamento costituzionale. La Corte suprema vieta a Guaidó l’espatrio come misura cautelare
Il ritorno in stile rockstar era iniziato già tra le nuvole. Dopo il decollo da Panama, Juan Guaidó aveva chiesto il microfono alla hostess per ringraziare i passeggeri che lo applaudivano. Scena ripresa da tutti i cellulari dei presenti. Idem al controllo dei passaporti a Caracas, dove un applauso s’è alzato non appena il leader dell’opposizione a Maduro ha passato indenne il gabbiotto con il passaporto in mano, tra l’impotenza dei poliziotti bolivariani e un «benvenuto Presidente!» sussurrato dal funzionario.
Dopo ancora folla e slogan all’uscita dell’aeroporto, lungo i tornanti che portano al centro della capitale, al momento di salire sul palco.
Guaidó torna in Venezuela e rilancia la sfida al regime di Nicolás Maduro. Il presidente «incaricato» ha deciso di sfidare le minacce di arresto sbarcando direttamente a Caracas, con un volo di linea. Forse una mossa giunta alla fine di un negoziato segreto. Buona comunque l’idea di convocare gli ambasciatori di alcuni Paesi amici all’aeroporto, una sorta di schermo o di testimonianza oculare di alto livello in caso di fermo. Accolto da fan e giornalisti, Guaidó ha lasciato lo scalo di Maiquetía per raggiungere una piazza della capitale, dove già da alcuni giorni era stata convocata una manifestazione in suo appoggio.
Il leader dell’opposizione aveva lasciato il suo Paese il 22 febbraio scorso, alla vigilia di quella che aveva chiamato la grande sfida umanitaria, l’ingresso di camion dalla Colombia con viveri e medicine arrivati dall’estero. Guaidó aveva attraversato il Venezuela in auto segretamente, per poi (Epa) passare la frontiera di nascosto e riapparire nella città colombiana di Cúcuta, al fianco dei presidenti di Colombia, Cile e Paraguay. Dalla città di frontiera era poi passato da Bogotà, per un vertice del gruppo di Lima nel quale ha incontrato il vicepresidente Usa Mike Pence, e poi ha visitato in rapida successione Brasile, Paraguay, Argentina e Ecuador, tutti Paesi i cui governi lo appoggiano. Lasciando sempre in sospeso, per motivi di sicurezza, la data esatta del suo ritorno in Venezuela.
Alla vigilia del ritorno, sul regime di Maduro erano piovute le minacce degli Stati Uniti e degli altri Paesi che appoggiano Guaidó, affinché fosse garantita la sua libertà e incolumità. Ultimo il tweet di Pence, in simultanea con il suo sbarco: «Il rientro sicuro di Juan Guaidó in Venezuela è della massima importanza per gli Usa. Qualsiasi minaccia, violenza o intimidazione contro di lui non sarà tollerata e avrà una risposta rapida», ha scritto il vicepresidente.
Lui stesso, prima di imbarcarsi, aveva diffuso in rete un video fornendo indicazioni su come proseguire la lotta nel caso fosse stato arrestato, avvisando Maduro che la mossa sarebbe stata «il suo ultimo errore».
Sul leader oppositore pende ancora il reato di divieto di espatrio, una misura cautelare della Corte suprema dopo la sua cosiddetta autoproclamazione alla presidenza del Paese. E in teoria il regime potrebbe intervenire in qualunque momento.
Se il regime prova ad arrestarmi sarà il suo ultimo errore