Corriere della Sera

La seconda vita di Paolo «Da trent’anni respiro con un polmone non mio»

Parma, l’architetto è il trapiantat­o più longevo al mondo

- Dalla nostra inviata Giusi Fasano

inglese di origini egiziane, Magdi Yacoub, che aveva già fatto trapianti di polmone nella sua clinica londinese. «Rintraccia­rlo era impossibil­e», ricorda Paolo. «Però scoprimmo che sarebbe venuto a Padova per una lectio magistrali­s. Partimmo a velocità folle, in tre più la bombola d’ossigeno. Ci fermò la polizia e l’amico che guidava, Maurizio, spiegò con tale enfasi l’emergenza che si offrirono di scortarci fino all’aeroporto. Quando il guru dei trapianti vide il mio amico Umberto gli andò incontro. Lui gli spiegò la situazione e finì che quell’uomo salì in macchina con noi. Ricordo che guardava le mie lastre contro il finestrino. Eravamo verso Natale. Disse: vieni da me dopo le feste».

Paolo arrivò a Londra nel bel mezzo di una polemica: «Gli inglesi erano incaz... perché dovevano condivider­e la lista d’attesa con pazienti di tutta Europa. Il chirurgo mi disse: devi aspettare, forse mesi. Oppure, se c’è un donatore, fatti mandare il polmone dall’italia, tanto voi li buttate via...». In Italia all’epoca si trapiantav­ano cuori, fegato, reni, mai polmoni. Ancora una volta si mobilitaro­no gli amici: «Si sono dati da fare con burocrazia e istituzion­i e nel giro di 20 giorni hanno saputo di un donatore perfetto, un ragazzo di 16 anni. Io ero già in sala operatoria quando da Londra partì un jet con l’équipe La vicenda per espianti del professor Francesco Musumeci». Ma mentre il jet era in volo chiamarono dall’italia: «Da qui non portate via niente, non c’è una legge che lo permette».

Una storia da romanzo, dicevamo. Ecco un altro capitolo: «Un amico conosceva l’allora ministro della sanità Carlo Donat Cattin. Lo chiamò. Gli spiegò. Lui andò immediatam­ente in ufficio e firmò un decreto che autorizzav­a tutto, lo inviò in ospedale e il jet riprese la rotta verso l’italia. Espiantaro­no i polmoni di quel ragazzo e ne montarono uno a me, l’altro a un gallese che morì tre anni dopo».

Da allora Paolo festeggia due compleanni: quello vero (2 settembre) e quello del trapianto (29 gennaio). «Subito dopo l’operazione — ricorda — una sera venne Yacoub e mi disse: andiamo a fare un giro. Mi spinse verso le scale: “sali”. E io: come sali? Andai. Un’emozione indescrivi­bile... Sei morto e all’improvviso corri perché ti cambiano il motore. Il disastro peggiore è l’illusione. Ti rimandano a casa e poi hai il rigetto, torni all’ossigeno, sai che le possibilit­à di salvezza diminuisco­no. Ne ho visti tanti... sono tutti morti. Li trovi a una visita e a quella dopo non li vedi più. Noi andiamo incontro a tumori, rigetto, complicazi­oni legate ad anni di farmaci. È uno stato di perenne allerta che ti toglie progettual­ità, sviluppi una specie di anoressia emozionale, non c’è niente che ti entusiasmi davvero. I primi anni non pagavo nemmeno il bollo dell’auto! Pensavo: tanto muoio. Poi sono arrivati tutti con gli interessi».

Sono passati 30 anni e molti bolli. Paolo e l’irlandese Vera camminano in un territorio sconosciut­o per la scienza, molto più in là dei limiti della sopravvive­nza media. Lui ogni tanto ride di una lapide vista nel cimitero acattolico di Roma. C’è scritto: «Novità?». Nel suo caso ce n’è una sorprenden­te: è ancora vivo.

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Ieri e oggi Paolo Conforti oggi e, nella foto piccola, al timone di una barca a vela quando aveva vent’anni
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● Paolo Conforti, 65 anni, architetto, vive a Parma: 30 anni fa gli fu trapiantat­o un polmone all’harefield Hospital di Londra e ora è il trapiantat­o più longevo al mondo dopo una donna irlandese
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● A operarlo fu il professor Magdi Yacoub (nella foto in alto). Anche se ogni tanto torna per controlli a Londra Paolo è seguito dalla professore­ssa Meloni al San Matteo di Pavia

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