Assolto Woodcock: non ci fu complotto
Caso Consip, la sentenza del Csm: «Nessuna confessione estorta». Decisa la censura per un’intervista
Nessuna minaccia al testimone, nessuna manovra per farlo confessare, nessuna violazione di regole. L’unico capo d’accusa per il quale il pubblico ministero napoletano Henry John Woodcock è stato condannato dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è la scorrettezza nei confronti del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso (all’epoca reggente dell’ufficio) per non averlo avvisato del colloquio avuto con una giornalista de la Repubblica, che lo trasformò in una pseudo-intervista a insaputa dell’interessato: di qui la censura nei confronti del magistrato, sanzione minima prevista dalla legge per questo illecito.
Per il resto Woodcock è stato assolto (insieme alla collega Celestina Carrano) da tutte le accuse legate alla gestione dell’inchiesta Consip, dopo la fuga di notizie che aveva svelato agli interessati l’esistenza di un’indagine sulla gestione degli appalti pubblici da parte della società concessionaria, con tanto di intercettazioni telefoniche e ambientali in corso. Per quella vicenda il magistrato aveva indagato i due generali dei carabinieri Tullio Del Sette e Emanuele Saltalamacchia, nonché l’ex ministro Luca Lotti (già sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Matteo Renzi), chiamati in causa dall’ex amministratore delegato di Consip Luigi Marroni, prima di trasmettere il fascicolo alla Procura di Roma, che successivamente ha chiesto per tutti il rinvio a giudizio; un altro presunto autore della «soffiata», l’ex consigliere economico di palazzo Chigi Filippo Vannoni, era stato invece ascoltato da Woodcock e Carrano come testimone, senza la presenza di un avvocato.
Nell’interrogatorio Vannoni confessò che ad averlo avvisato era stato Lotti, ma poi con i pm di Roma ritrattò, accusando Woodcock di averlo pressato e intimidito, minacciandolo di arresto. Di qui l’accusa mossa dalla Procura generale della Cassazione: Vannoni doveva essere indagato al pari delle altre «fonti» della fuga di notizie, ma i pm napoletani non lo fecero perché era l’anello debole della catena e volevano farlo parlare. Violazione del diritto di difesa, quindi, e comportamenti «non rispettosi della dignità» del testimone. Woodcock e Carrano (difesi rispettivamente dall’ex procuratore di Torino Maddalena e dal procuratore di La Spezia Patrono) hanno negato ogni pressione, rivendicando l’autonomia della valutazione su quando gli indizi a carico di un testimone devono trasformarlo in un indagato.
Il Csm ha seguito questa impostazione, e le motivazioni della sentenza (contro la quale hanno annunciato ricorso in Cassazione sia l’accusa La vicenda
● L’inchiesta Consip sulla assegnazione di appalti negli enti pubblici inizia a Napoli sulle attività di Alfredo Romeo
● Poi si sono avuti altri filoni fra cui uno per fuga di notizie. Si è indagato anche sui rapporti tra stampa, magistratura politica e forze dell’ordine. Tra gli indagati c’era Tiziano Renzi che la difesa, per ragioni opposte) spiegheranno perché. Nel frattempo resta un verdetto che di fatto esclude ogni complotto verso l’entourage di Matteo Renzi, così come le scorrettezze nei confronti dei colleghi romani che trapelavano dalla pseudo-intervista a Woodcock. Dal giudizio della Sezione disciplinare s’è astenuto il vice-presidente David Ermini, che da deputato del Pd aveva espresso giudizi negativi sul conto del pm napoletano, lasciando il posto al «laico» Fulvio Gigliotti eletto su indicazione dei Cinque stelle. Non s’è astenuto, invece, il giudice Davigo, che anzi ha querelato Il Foglio e Il Dubbio secondo i quali avrebbe dovuto farlo.
L’illecito
Resta solo la sanzione per aver parlato con una giornalista senza avvisare il procuratore