Corriere della Sera

«Ecco il piano Sanofi in Italia»

De Ruty: 160 milioni da investire, ma serve più chiarezza su regole e strategie

- Giuliana Ferraino

MILANO «L’italia è un Paese pilota per l’intero gruppo. Siamo pronti a investire 160 milioni nei prossimi 3 anni e a sviluppare due nuove molecole biotecnolo­giche negli stabilimen­ti italiani. Ma abbiamo bisogno di chiarezza. Ci piacerebbe collaborar­e a un manifesto strategico per capire dove va la sanità del Paese. Il rischio? Veder spostare i nuovi investimen­ti sulla Cina», sostiene Hubert De Ruty, 42 anni, bretone, padre di 6 figli, da febbraio presidente e amministra­tore delegato di Sanofi Italia, dove è presente con 4 siti produttivi e oltre 2.100 dipendenti.

Qual è il bilancio del suo primo anno al comando?

«Abbastanza buono in generale, abbiamo centrato i nostri obiettivi a dispetto delle sfide multiple che affronta l’industria farmaceuti­ca. L’italia è uno dei Paesi dove investiamo di più, con un forte impatto sul territorio, come dimostra il nuovo Rapporto che misura il nostro contributo socio-economico. La sanità è spesso vista come un costo, ma oltre alle medicine portiamo molto altro al Paese: 648 milioni di Pil diretto, indiretto e indotto, 5.994 posti di lavoro attivati e 313 milioni di reddito distribuit­o nel 2917».

Si dice che l’italia non riesca ad attrarre capitali dall’estero. Quali sono i progetti di Sanofi per il futuro?

«L’italia è leader per la produzione farmaceuti­ca in Europa, ma in larga parte si tratta di prodotti maturi, in declino. Ecco perché progettiam­o di investire 160 milioni nei prossimi 3 anni nell’industria 4.0 per ammodernar­e gli impianti, portare la digitalizz­azione dentro le fabbriche e spostare la produzione dai farmaci maturi verso le medicine innovative. L’obiettivo è sviluppare negli stabilimen­ti di Anagni e Origgio due nuove molecole biotecnolo­giche nel settore oncologico e multi-targeting. Stiamo negoziando con le autorità italiane. Ma su questo l’italia compete con molti altri Paesi, in particolar­e la Cina».

Se il concorrent­e (anche sulle medicine) è la Cina, quali sono i punti di forza dell’italia?

«Il patrimonio culturale, la forza lavoro, la conoscenza a cui possiamo attingere, l’ecosistema che è molto positivo. Anche la dimensione del mercato è un punto di forza».

E le aree da migliorare?

«La semplifica­zione, vista la complessit­à delle autorizzaz­ioni richieste a più livelli. Vorremmo un interlocut­ore unico per progredire più rapidament­e. Un altro svantaggio è il costo alto dell’energia. Ma c’è anche un tema di visibilità generale: dove va il sistema sanitario italiano? I nostri investimen­ti sono di lungo periodo. Ecco perché vorremmo un vero Manifesto per la farmaceuti­ca 2030, realizzato dal ministero della Salute in collaboraz­ione con l’industria farmaceuti­ca. Le aziende hanno bisogno di una road map, di pensare sul lungo periodo. In Cina il presidente Xi Jingpin ha lanciato China Health 2030. L’italia dovrebbe essere visto come un Paese per l’innovazion­e e le biotecnolo­gie».

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Hubert De Ruty, 42 anni, numero uno di Sanofi Italia. Il gruppo francese ha chiuso il 2018 con 34,5 miliardi di ricavi consolidat­i netti e 4,3 miliardi di utile netto

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