Tra un anno accessibili le carte su Pio XII, la guerra e la Shoah
Annuncio di papa Francesco: la Chiesa non ha paura della storia, Pacelli merita una valutazione oggettiva
Taino ritiene, correttamente, che la Cina potrebbe non riuscire a concretizzare appieno il suo «Grande Sogno». Il suo modello di capitalismo comunista non è esploso come volevano i pronostici di molti autorevoli studiosi in Occidente, ma ha non pochi problemi economici e sembra richiedere una repressione sociale crescente. Il potere militare della Cina, poi, resta ancora molto inferiore sia a quello americano sia a quello (nucleare) russo. La Cina, insomma, non ha ancora vinto la partita che ha deciso di giocare. Ma per gli altri è essenziale captare il fischio d’inizio, vedere e capire, interrogarsi, prevenire, preparare le difese ove necessario, ed è questa finalità di stimolo che rende importante e utile il libro di Danilo Taino.
Nel tirare le somme l’autore si interroga sulla nostra Europa: sarà in grado una Ue in crisi di cogliere gli sviluppi delle sfide internazionali ormai in corso? Sarà in grado di capire che sono in gioco conseguenze di enorme portata per l’economia, ma anche e soprattutto per la libertà e la democrazia? Interrogativi che è impossibile non porsi, se non si vuole infilare la testa nella sabbia e aspettare il peggio. Ritengo tuttavia che Danilo Taino sia eccessivamente severo quando parla di Europa, senza per questo voler nascondere un lungo elenco di errori e di manchevolezze che è di dominio comune e che l’autore non manca di ripercorrere, accostandolo alle nuove minacce. Pare al recensore di questo bel libro che, a dispetto dei suoi inciampi, la storia dell’europa resti una storia di successo. Che le illusioni di centralità universale siano state superate da tempo e che l’eccezionalismo sia piuttosto di casa negli Usa o in Gran Bretagna. Che l’euro non sia stato un abbaglio, malgrado la cattiva gestione che lo accompagna. Che l’europa, non essendo uno Stato, ma un insieme di Stati nazionali, non possa pretendere di gareggiare alla pari con l’america o con la Cina, e abbia interesse a definire una strategia (in grave ritardo, è vero) che le consenta di non diventare propaggine dell’eurasia e di non essere suddita (in un intreccio di relazioni bilaterali) dell’america First. Ciò richiede un impegno molto più serio di quello attuale nel campo della difesa, senza per questo abbandonare la Nato. Richiede una politica dell’immigrazione in assenza della quale saranno le elezioni nazionali, non la Cina, a distruggere la Ue. E richiede la moltiplicazione immediata di quei dibattiti politici e strategici che si vanno aprendo in Germania sul «che fare?» davanti al G5 della Huawei e alle pressioni Usa per non adottarlo.
Certo, l’europa non può e non deve rinunciare all’alleanza transatlantica. In Europa non esistono dubbi su questo punto a meno di voler dar retta a qualche frangia estrema del nazional-populismo italiano o a piccoli gruppi altrettanto estremi di casa a Budapest. Ma è invece Trump a scuotere l’alleanza, ben al di là della giusta richiesta di maggiori spese militari. Ed è corretto ritenere che se anche Trump non dovesse essere rieletto nel 2020, l’america manterrà almeno in parte la rotta da lui baldanzosamente tracciata. Questa è la vera, la nuova sfida per l’europa che si affianca a quelle tradizionali cinese e russa. Se ne discuta, almeno. E in questa chiave non c’è libro più indicato di quello di Danilo Taino. ● L’archivio Segreto Vaticano, diretto dal prefetto Sergio Pagano (nella foto), è al lavoro da anni per rendere accessibili agli studiosi i documenti relativi al pontificato di Pio XII
● Si tratta di un compito molto impegnativo, poiché Pacelli, eletto il 2 marzo del 1939, morì il 9 ottobre 1958, quindi le carte che lo riguardano coprono quasi un ventennio: in tutto sono circa 16 milioni di fogli
● Da tempo l’apertura veniva richiesta per consentire lo studio delle vicende relative alla posizione della Santa Sede sullo sterminio degli ebrei compiuto in guerra dal regime nazista CITTÀ DEL VATICANO «La Chiesa non ha paura della storia» afferma solenne Francesco annunciando l’apertura agli studiosi del fondo Pio XII dell’archivio Segreto Vaticano, cioè dei 19 anni di documentazione riguardante il periodo di quel pontificato, che va dal 1939 al 1958. L’annuncio l’ha dato di persona il Papa in mattinata, parlando ai responsabili e ai dipendenti dell’archivio.
Ha precisato che sarà necessario ancora un anno di lavoro per il riordino e poi i documenti saranno accessibili: «Ho deciso che l’apertura avverrà il 2 marzo 2020, a un anno esatto di distanza dall’ottantesimo anniversario dell’elezione al Soglio di Pietro di Eugenio Pacelli». L’attesa dell’annuncio era grande ed è stato accolto da commenti positivi in Italia e nel mondo.
Si tratta degli «archivi» la cui consultazione era chiesta da oltre mezzo secolo dagli studiosi della Seconda guerra mondiale e della Shoah, interessati in particolare a una piena conoscenza degli atti di quel Pontefice nei confronti dello sterminio degli Ebrei: la questione del cosiddetto «silenzio di Papa Pacelli» che fu sollevata la prima volta nel 1963 dal dramma Il Vicario di Rolf Hochhuth.
Venti archivisti specializzati hanno lavorato per tredici anni alla sistemazione della «ingentissima documentazione» del pontificato pacelliano, come scrive oggi sull’«osservatore Romano» il prefetto dell’archivio Sergio Pagano: si trattava di inventariare e catalogare qualcosa come 16 milioni di «fogli».
Già i papi Wojtyla e Ratzinger, in accoglienza delle richieste degli storici, avevano dato disposizioni perché la preparazione dell’apertura fosse affrettata
Ci sono interrogativi che è impossibile eludere se non si vuole infilare la testa nella sabbia e aspettare il peggio
e pubblicazioni particolari e accessi parziali si erano avuti negli ultimi anni, ma l’apertura dell’intero fondo Pacelli si realizza con un anticipo minimo rispetto alla tempistica abituale delle aperture dell’archivio Segreto che avvengono mediamente dopo 75 anni rispetto al periodo cui si riferisce la documentazione.
Con Pacelli le carte più antiche messe a disposizione saranno di 80 anni addietro, le più recenti di 62. Quando fu aperto il fondo Pio XI, nel 2009, i tempi di attesa erano risultati rispettivamente di 87 e 70 anni. Dunque l’anticipo è di setteotto anni, non di più. I responsabili dell’archivio assicurano che la lentezza è dovuta solo alla complessità del lavoro di ordinamento.
Nel dare l’annuncio Francesco ha fatto riferimento alle polemiche sulla figura di Pio XII, che — ha detto — «è stata già indagata e studiata in tanti suoi aspetti, a volte discussa e perfino criticata si direbbe con qualche pregiudizio o esagerazione». Ha pure osservato che l’azione di quel papa «oggi è opportunamente rivalutata e anzi posta nella giusta luce per le sue poliedriche qualità: pastorali, anzitutto, ma anche teologiche, ascetiche, diplomatiche».
Francesco ha così accennato alla questione dei «silenzi»: «La seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel Pontefice e, senza dubbio, anche momenti di gravi difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza, che a taluni poterono apparire reticenza, e che invece furono tentativi, umanamente anche molto combattuti, per tenere accesa, nei periodi di più fitto buio e di crudeltà, la fiammella delle iniziative umanitarie, della nascosta ma attiva diplomazia, della speranza in possibili buone aperture dei cuori».
Per il Comitato ebraico americano — che era tra i sollecitatori dell’apertura — «la decisione di Francesco è importante per le relazioni cattolicoebraiche». «Pagine Ebraiche», portale dell’ebraismo italiano, la qualifica come «un atto atteso da lungo tempo». Apprezzamento è stato espresso anche dalla presidenza dell’unione delle Comunità ebraiche italiane.
Per la storica ebrea Anna Foa «la soddisfazione, nell’attesa di poter valutare il contenuto dell’archivio, è grande». La speranza, aggiunge, è che «possa aiutare a risolvere due leggende: quella nera e quella rosa», favorendo «una valutazione seria e scientifica» che sappia guardare «al di là degli aspetti che vanno in una direzione o nell’altra», spesso enfatizzati «senza rigore storiografico». Per Foa «è positivo che anche in questo campo la Chiesa scelga la strada della trasparenza».
L’ultima occasione di fuoco polemico su Pio XII si ebbe nel 2009, quando Benedetto XVI autorizzò la pubblicazione del decreto delle Cause dei Santi che proclamava le «virtù eroiche» di papa Pacelli: si tratta di una tappa del processo di canonizzazione che conferisce al «candidato» il titolo di «venerabile». Allora vari ambienti ebraici, tra i quali la Fondazione Yad Vashem (il Memoriale della Shoah) di Gerusalemme, giudicarono «deprecabile» che venisse portata avanti la causa per fare santo Pio XII prima che potessero essere studiate «tutte le carte» custodite in Vaticano.
Polemiche
Il nodo da sciogliere riguarda il «silenzio» della Santa Sede sullo sterminio degli ebrei