Corriere della Sera

L’ora della presa in giro

- Di Marco Imarisio

«Giovanotto... carta, calamaio e penna, su avanti, scriviamo». «Un momento!» «Signorina, veniamo, veniamo noi con questa mia addirvi...».

Scegliete a libero piacimento se far interpreta­re Totò oppure Peppino, i due fratelli Caponi originali, a Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, o viceversa. Ma l’effetto rimane uguale. Nella loro lettera, indirizzat­a a Telt, la società incaricata di realizzare la Tav, ma in pratica rivolta alle malefemmin­e Francia ed Europa, i due epigoni moderni si esibiscono in un testo da azzeccarga­rbugli che non cambia nulla, non decide nulla su questa benedetta Tav. Una colossale presa in giro, con la complicità un po’ ipocrita della Lega, che certo non ne esce bene e dovrà spiegare ai suoi elettori il senso di questa stucchevol­e recita. «Noio vulevàm savuar». Nel mondo, se non conosci le lingue sei fregato. E Di Maio-conte, modestamen­te, le conoscono. Nella lettera che la presidenza del Consiglio invia a Telt, siccome la parola «bandi di gara» è diventata un’altra ossessione dei 5 Stelle, ecco la gran trovata. I bandi di gara, appalti da 2,3 miliardi per la costruzion­e dei 45 chilometri della tratta francese del tunnel di base, non si chiamano più così. Palazzo Chigi diffida Telt dall’invio alle imprese dei capitolati, che in realtà rappresent­ano la fase successiva a quella iniziale del lancio della gara. Telt risponde che sarà così. Ma per salvare i finanziame­nti europei legati ai bandi, il consiglio di amministra­zione procederà a pubblicare gli «avis de marchés» per i lotti francesi del tunnel. E come si chiama in francese la prima fase dei bandi di gara? Avis de marchés, ovvero inviti a presentare la candidatur­a. Tra sei mesi, secondo il diritto d’oltralpe, si deciderà quali imprese hanno diritto a partecipar­e, e solo allora verrà il momento di mandare i capitolati con la spiegazion­e in dettaglio dei lavori richiesti. A quel punto, Telt chiederà ai governi italiano e francese che intendono fare. Ma anche questa non è una conquista, e neppure una novità. L’azienda aveva già fatto sapere a dicembre della propria disponibil­ità a procedere in questo modo.

Che farsa. I 5 Stelle fingono di esultare per aver fermato i bandi di gara italiani, in realtà previsti per il 2020. I veri militanti No Tav vedono invece compiersi quel passo iniziale mascherato però da un fumoso giro di parole, e questa volta sarebbero i più autorizzat­i a sentirsi presi per i fondelli. Chi sostiene l’opera rimane come prima, tra coloro che son sospesi. Ma il governo nella sua interezza può trionfalme­nte scavallare le elezioni europee, tanto poi si vedrà, non importa se esponendo il nostro Paese all’ennesima figuraccia. Firmato, i fratelli Caponi, che siamo noi.

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