«Trovate i killer di Jody, mia sorella»
Cartelloni a Baltimora come nel film «Tre manifesti» Una donna vuole giustizia per la gemella uccisa 23 anni fa
manifesti a Ebbing, Missouri», interpretata da Frances Mcdormand, premiata con l’oscar lo scorso anno: una madre entra in guerra con il mondo, pur di scoprire chi ha ucciso la figlia.
Jennifer, 46 anni, non ha il tratto spigoloso di Mcdormand, ma come il personaggio dei «tre manifesti» cerca verità e giustizia da molti anni. Esattamente da 23; dalla notte del 2 marzo del 1996, quando Jody fu assassinata in un parcheggio di Towson, alla periferia di Baltimora: aveva compiuto 23 anni. Si stava per laureare alla Towson State University e lavorava parttime in una banca nella Hunt Valley.
La famiglia divisa
Le due ragazze erano cresciute ad Annapolis, la cittadina della famosa Accademia navale, nel Maryland. Il padre era un magistrato, con un debole per gli alcolici. Le gemelle vivevano praticamente in simbiosi: stessa classe naturalmente, stessi amici, stesse passioni. E il disordine comune a molti adolescenti: bevute esagerate, un po’ di droga. La famiglia decide di separare le ragazze. Jennifer viene mandata in un ranch nel Wyoming per stroncare la dipendenza dall’alcol; Jody resta ad Annapolis, dove va a vivere con il fidanzato Steve Dubin.
Il mistero irrisolto
Ed eccoci a quella notte tra il primo e il 2 marzo del 1996. La mattina Jody esce di casa sbattendo la porta, mentre Steve le grida: basta, devi smettere di ubriacarti. La sera, anziché rincasare, la donna si ferma alla Mt. Washington Tavern. E’ un posto familiare, conosce tutti. Tanto che all’ora di chiusura si offre per dare un passaggio a uno dei baristi. Poi, tappa in un drugstore, dove compra un «six pack», una confezione di sei birre. Da quel momento la donna viene come inghiottita da un buco nero: è in ansia, non sa bene che cosa fare. Si ferma in un parcheggio deserto, fa qualche telefonata. Gli investigatori non scartano l’ipotesi che stesse cercando droga, ma sulla sua auto non si troverà traccia di stupefacenti. A un certo punto una Bmw bianca si affianca alla sua macchina. Scende un uomo, afroamericano, con una giacca militare mimetica. Alcuni testimoni riferiscono di aver visto i due parlare per pochi minuti. Sono ormai le 3,40 del mattino. Lo sconosciuto tira fuori una pistola, fa due passi indietro e spara in diagonale: il proiettile infrange il finestrino posteriore e colpisce Jody all’altezza del collo. La giovane riesce comunque a rimettere in moto e a cercare una via di fuga. Ma fa poca strada, arriva fino al posteggio riservato ai clienti del supermercato Giant e lì si ferma, per sempre. Il killer, intanto, la raggiunge . Si sporge nell’abitacolo per controllare che sia morta, poi viene visto mentre afferra e porta via qualcosa. Risale sulla sua Bmw e sparisce nel nulla.
L’inchiesta infinita
Jennifer è tornata da tempo a Baltimora. E’ sposata e ha figli. Suo padre è morto nel 2007 e da allora ha continuato da sola a incalzare la polizia. Ha aperto una pagina Facebook, ha promosso una raccolta di fondi, ha assunto un detective privato. I donatori le hanno consentito di spendere novemila dollari per i tre tabelloni e di portare da 30 a 100 mila dollari il compenso per la soffiata giusta.
Nei «Tre manifesti» Frances Mcdormand arriva a tirare una molotov negli uffici dello sceriffo. Nel mondo di Jennifer questo non sarebbe possibile. Ma le sue interviste sono piene di frustrazione e di amarezza: «Non sono un investigatore, ma onestamente, questo non mi sembra un caso così difficile da risolvere. Gli agenti hanno la descrizione del veicolo, hanno dei testimoni». Il Dipartimento di Polizia di Baltimora continua a negare l’accesso al fascicolo «Lecornu», sostenendo che l’inchiesta è ancora in corso. Jennifer ha anche presentato una denuncia nel 2016, chiedendo di visionare le carte. Niente da fare. E allora ha deciso di far conoscere questa storia a tutta all’america. Con tre tabelloni a Baltimora.