Corriere della Sera

Genova, l’effetto amianto sul ponte «La demolizion­e in ritardo di un anno»

Impossibil­e usare l’esplosivo, serve un nuovo piano. La criticità dei piloni vicini alle case

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Anche la linea dell’orizzonte può essere un’illusione. Quella che ha sullo sfondo il ponte Morandi è ormai cambiata da quel maledetto 14 agosto. Proprio ieri è stato tirato giù un tratto rettilineo lungo 36 metri e pesante 916 tonnellate. C’è più cielo tra un moncone e l’altro, segno che i lavori di demolizion­e, propedeuti­ci alla ricostruzi­one, sono cominciati, e avanzano. Era importante partire, e ancora più importante che si vedesse, ripete sempre Marco Bucci, il sindaco-commissari­o del governo per il nuovo viadotto.

Niente è mai come sembra. Nonostante gli annunci ottimistic­i e gli inni alla gioia della ricostruzi­one immediata, con consegna della nuova infrastrut­tura a fine 2019, massimo primavera del 2020, l’abbattimen­to dei resti di un gigante da cinquantam­ila metri cubi di calcestruz­zo e cinquemila tonnellate di acciaio rimane un’impresa esposta al vento dell’imprevisto. L’esplosivo, panacea di ogni male per abbattere le pile superstiti, non si può usare. La prima doveva essere la numero 8, verso ponente, affacciata su capannoni abbandonat­i e alta 45 metri, ovvero il livello della carreggiat­a. Dopo sarebbe toccato alle pile 10 e 11, prossime all’uscita del casello di Genova Ovest verso i terminal del porto, che incombono sulle case destinate all’abbattimen­to, sulla zona rossa e su quella gialla. E per loro non esiste neppure un piano B senza la dinamite. Perché hanno entrambe gli stralli, e raggiungon­o i 90 metri di altezza. L’ipotesi più ottimistic­a in caso di smontaggio meccanico prevede uno slittament­o dei lavori di almeno altri 8 mesi, ma qualcuno nella struttura commissari­ale sussurra che ci vorrebbe un anno, oltre a un’impennata dei costi che farebbero lievitare i 19 milioni di euro previsti dal piano approvato da Bucci.

Nel Ponte Morandi c’è l’amianto. E tutti lo hanno sempre saputo, perché nel 1962, quando iniziò la costruzion­e del viadotto sul Polcevera, quel materiale e il mortale polverino che sprigiona erano considerat­i una mano santa dell’edilizia italiana e mondiale. All’inizio dello scorso ottobre i Vigili del fuoco specializz­ati in crolli e interventi in ambiente urbano giunti da tutta Italia per sgomberare le macerie del ponte si videro recapitare un modulo con una domanda che aveva dell’incredibil­e. «Pensa di essere stato esposto anche in maniera occasional­e durante le operazione di soccorso, a materiale contenente asbesto?». Eppure, come se nulla fosse. Il 6 marzo, conferenza stampa in Prefettura alla presenza delle aziende vincitrici dell’appalto e di tutti gli enti responsabi­li, compresi l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e l’asl, incaricate dei controlli, per l’annuncio della demolizion­e con esplosivo della pila 8, quella più «facile», come l’intero settore di ponente, prevista per la mattina del 9 marzo.

«Cosa respirano i nostri figli?». I cartelli erano già apparsi all’inizio dei lavori. Un comitato dei cittadini presenta un esposto in procura. Nel carotaggio effettuato da Arpal e Asl, 6 campioni su 24 hanno dato valori fuori norma, confermand­o la presenza di amianto, seppure in quantità infinitesi­mali. Il problema diventa non solo

L’incognita

I costi rischiano di impennarsi facendo lievitare i 19 milioni di euro previsti all’inizio

L’autostrada

Era prevista solo una chiusura di alcuni giorni, potrebbero diventare settimane

edile, ma anche penale. Il primo a dirlo è lo stesso Bucci, commissari­o governativ­o, ma anche sindaco. La marcia trionfale suonata finora si smorza all’improvviso, non senza qualche imbarazzo. Dopo una settimana di passione, viene escluso l’utilizzo dell’esplosivo per la pila 8.

La tecnica di smontaggio meccanico, che dovrà contenere misure di «mitigazion­e del rischio» per la dispersion­e delle polveri, verrà adottata per tutti i piloni superstiti. Impossibil­e anche solo immaginare di far saltare in aria le pile 10 e 11, più vicine ai quartieri abitati e allo svincolo della A7, uno dei caselli più frequentat­i d’italia. Se la pila 8 non presenta difficoltà insormonta­bili, e il ritardo nei lavori sarà solo di qualche settimana, sull’altro versante la differenza tra uso dell’esplosivo e demolizion­e fatta «a mano», ragiona un esponente della struttura commissari­ale, si calcola in semestri, con annessa chiusura per settimane dell’autostrada, che nell’ipotesi originaria era previsto solo per i giorni delle deflagrazi­oni. Da un lato la necessità di fare in fretta. Dall’altro la tutela della salute pubblica, alla quale si collegano eventuali responsabi­lità giudiziari­e. Non se ne esce. Aggiornare i calendari. L’importante era cominciare, in pompa magna. Ma la demolizion­e di un ponte in una zona sovraffoll­ata della città non poteva certo essere un pranzo di gala.

 ??  ?? Demolizion­eI lavori per la demolizion­e del ponte Morandi a Genova (a sinistra) sono iniziati l’8 febbraio con lo smontaggio di una porzione di tratto autostrada­le pesante 900 tonnellate, poi calato il giorno dopo a terra da un’altezza di 43 metri. In base al programma il 30 giugno avrebbe dovuta essere conclusa la demolizion­e dell’intero viadotto, ma ora i tempi sono destinati ad allungarsi
Demolizion­eI lavori per la demolizion­e del ponte Morandi a Genova (a sinistra) sono iniziati l’8 febbraio con lo smontaggio di una porzione di tratto autostrada­le pesante 900 tonnellate, poi calato il giorno dopo a terra da un’altezza di 43 metri. In base al programma il 30 giugno avrebbe dovuta essere conclusa la demolizion­e dell’intero viadotto, ma ora i tempi sono destinati ad allungarsi

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