Prendere posizione (internazionale) in mezzo al deserto
Diplomazie culturali. DUBAI (EMIRATI ARABI UNITI) E interessi commerciali, strategie per non «perdere posizione», per rivendicare un ruolo internazionale in mezzo al deserto, dove fino a 15 anni fa parlare di quadri e sculture «sembrava folle». Ecco gli italiani dell’arte negli Emirati Arabi. Galleristi che espongono alla fiera Art Dubai in mezzo ai concorrenti di 41 Paesi, collezionisti, imprenditori. E le fondazioni. Convinte del ruolo fondamentale dell’arte «per favorire il dialogo tra popoli».
Su 92 gallerie in fiera (uno stand di piccole dimensioni costa circa 8 mila dollari) 4 sono italiane. Primo Marella, Giorgio Persano, Galleria Continua, Franco Noero. «Questa è una vetrina importante — spiega il torinese Giorgio Persano, in fiera fin dalla prima edizione, nel 2007 — perché Dubai è un formidabile punto di passaggio, uno scalo interessante per chi è diretto a Hong Kong, ci sono collezionisti che incontriamo solo qui, ogni anno arrivano nuovi direttori di musei e curatori». Clima internazionale, conferma Primo Marella, sedi a Milano e a Lugano: «Siamo una galleria di frontiera abituata a lavorare in un contesto globale. Ma con una sensibilità e professionalità italiana che ci viene riconosciuta». Sembra di capire che ne valga la pena.
Sono invece in fiera come Program Supporter, unici italiani, la Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale, presieduta da Emmanuele Francesco Maria Emanuele, e il suo ente Fondazione Cultura e Arte: le due realtà hanno sostenuto l’edizione 2019 del Campus Art Dubai (Cad), progetto destinato a giovani artisti originari degli Emirati Arabi o residenti nel Paese che attraverso un seminario di sei mesi — da ottobre a marzo — hanno l’opportunità di studiare e lavorare con tutor internazionali (curatori, critici, professori) e di confrontarsi con i galleristi del posto. Il percorso, seguito da un periodo di residenza, si conclude in questi giorni, con l’esposizione delle opere realizzate: quest’anno in mostra ci sono i lavori del palestinese Dima Srouji, dell’artista multimediale filippino Augustine Paredes e di due talenti provenienti da Dubai: Jumairy e Mohamed Khalid. «L’assunto fondamentale che ispira la nostra azione è il mio pensiero cardine, secondo cui l’arte è lo strumento principale per favorire un dialogo costruttivo tra i popoli. Gli Emirati Arabi, e Dubai in particolare, ci sono parsi gli interlocutori ideali con cui intessere un rapporto in tal senso, coniugando la nostra tradizione e il nostro patrimonio culturale millenario con una realtà dinamica, in crescita e fortemente proiettata nel futuro per quanto riguarda l’arte contemporanea e non solo», dichiara Emanuele. Aggiunge Alessandra Taccone, direttore generale della Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale: «È un’esperienza che vogliamo ripetere ed estendere, pensando anche a una serie di scambi con Roma».
Gli italiani del profit e quelli del non profit. In mezzo, la grande entità che aleggia su tutta la fiera, la Biennale di Venezia: ieri è stato presentato il team di artisti del padiglione indiano. Oggi sarà annunciato quello degli Emirati Arabi.