Trump e la sfida sul Muro: cacciata un’altra ministra
Resa dei conti nel governo, oltre a Nielsen lasciano in quattro (c’è il capo della scorta)
Con un tweet Trump ha annunciato le dimissioni di Kirstjen Nielsen, ministro della Sicurezza nazionale. È il risultato di mezz’ora di colloquio alla Casa Bianca e di 15 mesi di politica fallimentare al confine con il Messico. Il presidente americano ha cacciato anche il capo dei Servizi segreti Randolph Alles.
Domenica la ministra Kirstjen Nielsen, ieri in serata i vertici delle principali agenzie del Dipartimento per la Sicurezza interna. Il presidente sta smantellando la squadra che finora si è occupata di immigrazione in prima linea. Lasceranno a breve l’incarico Francis Cissna, numero uno dell’us Citizenship and Immigration Services; Randolph Alles, direttore del Secret Service, cui fa capo la protezione personale del presidente; John Mitnick, consigliere generale del ministero.
È un ricambio radicale, profondo in un settore chiave dell’amministrazione. Ed è il risultato di 15 mesi di politica fallimentare al confine con il Messico. Nel pomeriggio di domenica, 7 aprile, Nielsen, 46 anni, ha presentato una lettera formale di dimissioni subito dopo il tweet di Trump che annunciava la sua uscita. Venne nominata nell’ottobre del 2017 e da allora ha sempre applicato con zelo la linea dura imposta dal presidente.
Kirstjen è nata a Colorado Springs, in una famiglia di origini danesi. Studia scienze politiche a Washington, alla Georgetown University e si specializza in legge. Entra alla Casa Bianca negli anni di George W. Bush come specialista di sicurezza interna. Si converte al trumpismo dopo le elezioni del 2016 e viene premiata con la poltrona di capo di gabinetto nel ministero guidato dal generale John Kelly. Quando tocca a lei asseconda tutte le richieste di Trump, comprese quelle che hanno indignato l’opinione pubblica americana e mondiale. Nel giugno del 2018 Nielsen gestisce sul campo il provvedimento che impone la separazione dei minori dalle famiglie di migranti. Nega, anche davanti all’evidenza dei video, che le persone siano custodite dentro gigantesche gabbie; appoggia con entusiasmo la decisione di inviare i soldati per contrastare la carovana di profughi in arrivo dal Messico. I risultati attesi dalla Casa Bianca, però, non arrivano. Trump comincia ad addossarle la responsabilità degli insuccessi e rilancia con misure ancora più radicali, come la chiusura completa del confine. Ma per la prima volta la ministra solleva qualche dubbio: ci sono leggi e sentenze da rispettare. Epilogo inevitabile: dimissioni un minuto prima del drastico licenziamento.
Ora il presidente vuole nominare ministro a interim Kevin Mcaleenan, il Commissario alla Dogana e alla Protezione dei confini. Una figura che abbiamo visto all’opera nel novembre scorso al confine tra San Diego e Tijuana: fu lui a dare l’ordine di lanciare i gas lacrimogeni sulle improvvisate manifestazioni dei migranti (c’erano anche bambini). Via Nielsen e i suoi collaboratori più stretti, dunque. Avanti con una nuova prova di forza.
Dissidi
La titolare della Homeland security aveva sollevato dei dubbi sulle ultime mosse