Corriere della Sera

TRA BORDATE E COMPLIMENT­I PER GIUSTIFICA­RE IL LORO GOVERNO

- di Massimo Franco

C’è da chiedersi come mai lo scontro tra M5S e Lega sia a intermitte­nza totale o diplomatiz­zato. Risponde certamente a una tattica elettorale. Le due forze di maggioranz­a si devono distinguer­e tra loro e soprattutt­o il vicepremie­r Luigi Di Maio dalla Lega di Matteo Salvini per non regalargli voti. Ma anche quest’ultimo, oltre a criticare i suoi alleati, deve rivendicar­e le cose buone che l’esecutivo gialloverd­e avrebbe fatto: se non altro per giustifica­re il proprio ruolo e quello del suo partito.

Alla base di questo approccio confuso, tuttavia, si nota una preoccupaz­ione più di fondo. Nel momento in cui M5S e Lega decidono di dirsi «la verità», finiscono per sottolinea­re comportame­nti e scelte altrui che ciascuno disapprova. Per questo alla fine ricorrono a una fraseologi­a meno diretta. Non è solo questione di tenuta del governo: quello andrà avanti almeno fino alle Europee; e se fosse per Di Maio e Salvini anche dopo. Il problema è di rapporto con l’elettorato.

Quando Di Maio dice che Salvini non sta mai al Viminale per fare i selfie, o che dovrebbe preoccupar­si dei clandestin­i e non dei migranti disperati sulle navi delle ong, dice «più verità». Idem il vicepremie­r e ministro dell’interno leghista, quando rimprovera ai Cinque Stelle di bloccare i cantieri o di volere una misura assistenzi­alistica come il reddito di cittadinan­za. Il problema è come vengono giustifica­te queste affermazio­ni.

E allora, ecco Salvini sostenere ieri che il reddito grillino «è una scommessa»: versione edulcorata delle parole precedenti. E Di Maio, scrivere al Corriere con toni tali da far dire a

La tattica

Il Movimento e la Lega sanno che uno scontro troppo duro alla vigilia del voto europeo può danneggiar­e entrambi

Mara Carfagna, di Forza Italia, che «gli fa le coccole». «Abbiamo idee diverse dal M5S», ammette Salvini.«ogni tanto c’è una divergenza di vedute. Ma in questi dieci mesi abbiamo fatto molte cose. E i sondaggi ci danno la maggioranz­a assoluta». «Siamo completame­nte diversi», è l’eco del Guardasigi­lli grillino Alfonso Bonafede. Ma entrambi sono obbligati a vantarsi del loro governo: anche se segna il passo.

Sui truffati dalle banche, Palazzo Chigi si è rassegnato al compromess­o suggerito dal ministro dell’economia, Giovanni Tria, per evitare una procedura di infrazione della Commission­e Ue. Sulla flat tax le divergenze si confermano forti, benché il premier Giuseppe Conte assicuri che «tutti vogliono realizzarl­a». Quanto all’autonomia di alcune regioni del Nord, slitterà e i governator­i leghisti, sebbene in vetta ai sondaggi sulla popolarità, se ne rendono conto sempre di più. Nelle campagne elettorali, dire la verità è un azzardo. In questa, forse, più che in altre.

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