Corriere della Sera

Bibi e i 7 passi per confermars­i re «Gli perdonano anche i sigari»

Il regista Shadur l’ha seguito 2 anni: studia tanto. Oggi vuol farsi rieleggere

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dono e finiti nelle inchieste giudiziari­e».

Racconta di aver capito quale piega cinematogr­afica dovesse prendere la storia dopo aver scovato il filmato in cui il primo ministro ripete le lezioni imparate da Lilyan Wilder e dal suo 7 Steps to Fearless Speaking. «Netanyahu ritorna dagli Stati Uniti, dove ha studiato, e applica quel programpot­enti ma in sette passaggi ai suoi discorsi. Allo stesso tempo toglie la cravatta, apre un bottone in più della camicia, sa di dover conquistar­e il cuore popolare del Likud, sospettoso verso quel giovane».

In quell’epoca gli israeliani sono abituati alle espression­i austere di Menachem Begin, all’inglese parlato da Yizthak Rabin con l’accento del sabra, la parola ebraica che significa fico d’india e indica i pionieri venuti su spinosi e coriacei come i cactus nel deserto. «Bibi irrompe a metà degli anni Ottanta e chiacchier­a in inglese come il laureato del Massachuse­tts Institute of Technology quale è. Per una nazione allora molto provincial­e finisce con il diventare rassicuran­te: è in grado di farsi ascoltare dai I seggi del Parlamento israeliano in palio. La maggioranz­a dunque è a 61

del mondo, lo ha dimostrato».

Benny Gantz, l’avversario che ha fondato il partito Blu Bianco e che secondo gli ultimi sondaggi sta lottando testa a testa per la vittoria, sembra un reduce di quei tempi, con i 38 anni passati nell’esercito fino a diventarne il capo di Stato Maggiore. «Di sicuro Gantz è più terra terra, il suo stile, le sue battute vecchia maniera. Allo stesso tempo è un candidato perfetto per la television­e: alto, i capelli argento, gli occhi blu. Anche lui si avvale di strateghi e consiglier­i che lucidano ogni mossa durante la campagna elettorale. È inevitabil­e, nessuno può pensare di battere Netanyahu senza sfidarlo sul suo terreno: l’immagine e l’uso dei social media».

Bibi è anche il primo politico israeliano a lasciar entrare l’occhio della telecamera nelle sue stanze private — il documentar­io mostra le riprese nella residenza del premier a Gerusalemm­e con la moglie Sarah e i due figli allora piccoli — «e a sfruttare qualunque avveniment­o personale come arma politica e questione pubblica». È stato lui stesso a trasformar­e il voto di oggi in un referendum popolare: sul re che ha già conquistat­o tre mandati consecutiv­i (quattro in totale) ed è al potere dal 2009. @dafrattini

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