Corriere della Sera

L’arte e il cinema Kartell, in mostra settant’anni di «dialoghi»

- Annachiara Sacchi

C’è l’opera in acciaio This Mortal Coil di Ron Arad che nel 1993 ha ispirato Bookworm, la prima libreria flessibile (e curva), prodotta in milioni di copie. Ci sono le suggestion­i di Isa Genzken, che per le sue sculture ha usato sedie, tavoli, specchi. Ci sono le opere di Emilio Tadini, Roberto Sambonet, Giovanni Gastel, Maurizio Galimberti e le 7 Electric Chairs... As You Like It di Bob Wilson. In settant’anni il dialogo non si è mai spezzato: le visioni di pittori e scultori sono entrate nelle matite di architetti e designer ispirandon­e forme e linee, e allo stesso modo gli artisti hanno «usato» poltrone e lampade per esprimere la loro poetica. Uno scambio. Alla pari. Alimentato con tenacia e passione da Kartell, azienda

che ha fatto della plastica un elemento nobile dell’arredo. E che ha deciso di festeggiar­e il suo anniversar­io (è nata nel 1949) con una mostra a Palazzo Reale di Milano. The art side of Kartell, appunto. Una storia di relazioni. Tra cultura, abitare, progetto, ricerca.

Undici stanze per raccontare in ordine non cronologic­o un’avventura italiana. Nata da un progetto di Ferruccio Laviani, che ne firma la curatela con Rita Selvaggio, la mostra è aperta al pubblico da domani al 12 maggio, ingresso gratuito. Ed è un itinerario rivelatore di quel mondo parallelo, l’arte, cui Kartell ha sempre fatto riferiment­o. Così, accanto agli scatti di Bruce Weber, Gabriele Basilico, Armin Linke, di fianco alle immagini che ritraggono France

sco Vezzoli, Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft in posa con gli oggetti simbolo dell’azienda, agli echi pop nella stanza che ricorda la collaboraz­ione tra Kartell e Mattel per gli arredi di Barbie (nel 2009), si trova ED07DF (2019) di Enrico David, installazi­one che mette in scena un paesaggio palustre in cui la luce delle lampade KD 51/R (prodotte nel 1959, design di Achille e Pier Giacomo Castiglion­i) attira uno sciame di libellule di carta velina.

È un richiamo continuo, colto, mai scontato. Eppure immediato. E ci voleva Ferruccio Laviani, che dal 1991 collabora con l’azienda e conosce a memoria il suo archivio, per scovare contaminaz­ioni, sottolinea­re accostamen­ti, individuar­e oggetti Kartell nelle opere degli artisti, ma anche in film come La grande bellezza e Il diavolo veste Prada, nei videoclip di Lady Gaga.

Un viaggio nel tempo. Attraverso materiali d’archivio e immagini in movimento, pittura e performanc­e (come quella di Beatrice Marchi, con il suo avatar Loredana), documenti, prototipi e nuove commission­i. «Con questa mostra – commenta Claudio Luti, presidente di Kartell – abbiamo voluto presentare un percorso che stimoli il pubblico a pensare agli oggetti oltre la loro funzione, e cioè come espression­e di “altra” creatività. Proprio come facciamo noi».

Attraversa­ndo le stanze si incontrano arredi mai entrati in produzione, opere d’arte della collezione di casa Luti e dei fondatori del marchio Giulio e Anna Castelli, c’è pure una fotografia con un neon di Lucio Fontana che sovrasta un’esposizion­e di mobili. E al termine di questa gita «ibrida», cominciata al buio con le sedie di Wilson, si incontrano due installazi­oni immerse nella luce: Tra gli Alberi, realizzata da Stefano Arienti nel 2015 per la riapertura del Museo Kartell a Noviglio, e le 40 sedute dorate di Heimo Zobernig.

«Per andare davvero in profondità – dice Luti – servono esperienze che si possono fare solo dal vivo. Non bastano immagini virtuali, per quanto affascinan­ti. Come per il Salone del Mobile: bisogna viverlo».

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L’opera «Per non restare immobili» di Cinzia Ruggeri con la scale Upper di Kartell, design Meda e Rizzatto

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