Var, è crisi di rigetto La tensione con i giocatori Manca la fiducia L’ultimo caso di Fabbri Gli arbitri spiegheranno le decisioni al pubblico
Troppi errori
La Var è in crisi. Di rigetto. Tanto profonda che non è già più tempo di ammetterne l’esistenza o meno, ma di studiarne a fondo le cause, prima che sia troppo tardi. Perché nessuno vuole tornare indietro, perché non avrebbe senso, ma la Var così com’è si sta facendo del male da sola. La risposta è che la crisi non riguarda la tecnologia in sé, che anzi si affina ogni giorno e che l’anno venturo farà un salto nel futuro grazie ai benefici della room centralizzata di Coverciano, ma il rapporto fra i giocatori e chi la tecnologia la deve gestire. Gli arbitri.
È venuta a mancare la fiducia. Troppi gli episodi controversi, sopratutto sui falli di mano, il vero tallone d’achille, come l’ultima disgraziata giornata ha ampiamente dimostrato. E ad ammetterlo, con onestà, è stato lo stesso Rizzoli ieri in coda all’incontro tra fischietti, allenatori e capitani nella sede della Lega Serie A a Milano: «C’è una tensione di base palpabile» ha commentato il designatore dopo aver ammesso l’errore di Fabbri sul rigore non concesso al Milan contro la Juve. E a dimostrarla, questa crisi di fiducia che diventa crisi di sistema, c’è anche una contabilità sinistra: le ammonizioni e le espulsioni per proteste sono tornate agli inquietanti livelli pre-var, da 83 a 100 i gialli rispetto al 2017/18, addirittura da uno a 9 i rossi. Aumentano gli interventi al video (da uno ogni 3,15 partite a uno ogni 2,58 ) ma ancor di più le polemiche. Dopo il primo anno del «volemose bene», ora nessuno è più disposto a perdonare. Troppi errori, ma anche colpa dei giocatori: gli insopportabili capannelli davanti all’arbitro sono tornati la normalità. Non a caso più volte durante l’incontro, durato un paio di ore, Rizzoli ha ribadito che i questuanti verranno puniti. Il capitano può dire la sua, gli altri no. Chi protesta senza titolo viene ammonito.
Un’altra prova della frattura, ragionieristica pure questa, l’ha fornita sempre la riunione di ieri. Su 20 allenatori invitati, i presenti erano 9. Meno della metà. Di Giampaolo della Samp la riflessione più costruttiva: «Bisogna spiegare le decisioni al pubblico». Chissà che non succeda già dalla prossima stagione, come in Champions già oggi avviene grazie a Rosetti, qui ancora rimpianto. Nicchi, numero uno Aia, da sempre contrario, si starebbe convincendo. Non interviste, piuttosto report scritti. Vedremo.
Così fosse, sarebbe la fine di un medioevo comunicativo. Di certo non la soluzione a tutti i mali, ma sicuramente un primo fondamentale correttivo. Un altro deve per forza riguardare la casistica dei falli di mano e la famigerata zona grigia che rischia di mandare tutto all’aria. Dopo aver bocciato Fabbri e fatto intendere con diplomazia che verrà lasciato a riposo («in campo solo chi è in forma») Rizzoli ha giudicato corretto il rigore fischiato da Abisso per il mani di Locatelli in Lazio-sassuolo.
Il rimpallo su un’altra parte del corpo che annulla il fallo di mano «è un concetto vecchio» ha spiegato il designatore. Se l’intenzione è impattare la palla col corpo e il braccio è largo, è rigore: questa la direttiva, che però non dissipa la zona grigia. Dall’anno prossimo il regolamento sarà più chiaro, come ha stabilito l’ifab: addio intenzionalità, ogni braccio nettamente staccato dal corpo porterà al rigo
Rizzoli Fabbri? Le persone che metto in campo devono essere in forma e in condizione di fare del proprio meglio. Gli arbitri possono sbagliare ma abbiamo le idee chiare
Marotta Anche con la Var è difficile arrivare a una soluzione definitiva sul fallo di mano. Forse il dialogo con l’ifab deve essere più proficuo: dobbiamo farci sentire
re. Bene. Ma alla prossima stagione bisogna arrivarci.
Si va quindi avanti così, a spanne, sperando che altri errori non condizionino volata Champions e corsa salvezza. «Abbiamo le idee chiare» ha provato a rassicurare Rizzoli, chiudendo così la sua lucida difesa: «La tecnologia non c’entra, si tratta di errori umani». Esatto. La nuova generazione di arbitri (Abisso, Fabbri, Maresca) non sembra all’altezza di quella precedente, vicina al pensionamento. Il problema è quasi tutto qui.
Hai detto niente.