I prezzi del barile restano in tensione (ma l’offerta può aumentare)
Russia e Opec ridiscutono l’accordo sui tagli
La corsa
● I prezzi del petrolio frenano la loro corsa e riportano un trend debole, dopo che ieri il Brent è salito fino a 71,34 dollari al barile, al record dal novembre del 2018, e il Wti è avanzato fino a 64,77 dollari al barile
Il petrolio ha raggiunto di nuovo il suo massimo in cinque mesi. Lunedì il Brent, il greggio del mare del Nord, ha toccato i 71,34 dollari al barile, un livello che non si vedeva da novembre, e il Wti (il petrolio americano) è avanzato fino a 64,77 dollari al barile per poi ripiegare entrambi, ieri, per l’abbondanza delle scorte statunitensi. Sulla corsa del barile ha pesato la situazione in Libia, con il rischio di un’escalation del conflitto dopo l’offensiva militare su Tripoli di Khalifa Haftar. Il timore è che ne risentano le esportazioni di idrocarburi dal Paese, che resta un rilevante produttore di petrolio e gas.
Secondo gli analisti, oltre al fattore Libia, hanno pesato sull’infiammata del prezzo anche la situazione poco chiara in Venezuela e le relative sanzioni statunitensi, indirizzate anche contro l’iran. Ma ora gli osservatori si chiedono se l’opec e la Russia manterranno gli accordi sulla riduzione di 1,2 milioni di barili al giorno, che fino a questo momento ha comunque contribuito a sostenere i prezzi internazionali. Il presidente russo Vladimir Putin ieri ha affermato che non è imminente una decisione sul rinnovo dei tagli all’output. Russia e Opec dovrebbero discutere il futuro del loro accordo entro la fine dell’anno. Putin ha sottolineato che la Russia è «soddisfatta degli attuali prezzi del petrolio» e che non è a favore di un «aumento incontrollato».