Corriere della Sera

La resurrezio­ne laica di Alessia «Mi ero persa, ora vedo chiaro»

Declino e rinascita di una giovane cagliarita­na: «Ora aiuterò gli altri»

- Di Antonio Calitri

Il centro

● L’exmè è un centro di aggregazio­ne nato dalla ristruttur­azione dell’ex mercato civico di Santa Teresa a Cagliari, che dopo essere stato abbandonat­o, era diventato in un luogo di degrado e di spaccio. Poi è stato ristruttur­ato ed è diventato un centro dove i ragazzi possono studiare, fare danza e musica e sport

Riacciuffa­ta dalle educatrici di Weworld Onlus quando stava abbandonan­do il suo percorso scolastico rischiando il futuro profession­ale, adesso sogna e studia per diventare assistente sociale e salvare lei stessa altre persone dal disagio.

Questa è la storia di Alessia, una delle tante persone che grazie all’aiuto della onlus da sempre impegnata a contrastar­e la povertà educativa, è tornata a una vita normale. Perdersi è un attimo, soprattutt­o nell’adolescenz­a e le ragioni possono essere le più disparate. Così com’è accaduto ad Alessia, cagliarita­na del quartiere Pirri, una zona difficile come tante periferie delle città italiane ma non particolar­mente malfamata.

E anche la sua famiglia, che sebbene non sia una famiglia benestante non è neppure in gravi condizioni di disagio economico. E invece, è bastato che il papà di Alessia abbandonas­se la famiglia e per la ragazza è arrivato il blackout che si è trasformat­o nella sua prima bocciatura alle medie e nel successivo abbandono della scuola.

«Mi sono persa», ammette oggi la ragazza ricordando quel periodo, «perché non vedevo papà da molto tempo e io vivevo con i nonni. Poi, sono

andata via perché volevo stare con mamma. E per tutto il tempo, ho continuato a non vedere mio padre. Una figura paterna, invece, ci vuole sempre. Ma sono sicura che tra qualche tempo lo capirà anche lui».

Dalle parole di Alessia oggi non traspare rabbia né delusione ma una lucida analisi, tanto da aver accettato di buon grado la nuova vita della madre, che adesso ha un compagno con il quale ha avuto altre due figlie e che lei considera «una brava persona. Da quando c’è lui, io sono

La testimonia­nza

«Mi è mancata la figura paterna ma grazie alle educatrici ho trovato la mia autentica strada»

cambiata in meglio».

Sono passati quattro anni da quando Alessia, costretta dalla nuova situazione ad andare a vivere dai nonni, aveva smesso di impegnarsi a scuola. Dopo la bocciatura e il successivo abbandono della scuola però, le insegnanti di Alessia non si sono rassegnate al cliché della ragazza senza speranza e l’hanno segnalata a Weworld Onlus. Le educatrici poi hanno convinto lei e la sua mamma a riprendere il percorso educativo che ha fatto perno su uno spazio che proprio come la ragazza, è rinato dall’abbandono.

Si tratta dell’exmè, un centro di aggregazio­ne nato dalla ristruttur­azione dell’ex mercato civico di Santa Teresa, che dopo essere stato abbandonat­o era diventato un luogo di degrado e di spaccio. Fin quando non è stato ristruttur­ato. Ed è lì che Alessia ha ritrovato la sua strada. Sebbene le motivazion­i iniziali fossero altre, come ammette lei stessa: «Ci venivo a fare i compiti in Siria per Weworld-gvc. Nel solo governator­ato di Aleppo, una delle città più colpite dai raid, il numero di scuole pubbliche primarie dal 2011 al 2017 è sceso da 3.343 a 501. Inoltre, la maggior parte delle scuole non dispone di arredi scolastici a partire dai banchi, di materiale didattico e di servizi igienici adeguati. Un quadro che incide negativame­nte anche sul fenomeno dell’abbandono scolastico da parte delle bambine con una mia compagna, perché c’era un ragazzo che mi piaceva ed era molto più grande di me, non certo per studiare».

Poi però, si è fatta coinvolger­e nello studio e ha ripreso a frequentar­e la scuola fino al superament­o dell’esame delle medie e a guardare il futuro con occhi nuovi. «In futuro» ragiona Alessia, «molto probabilme­nte mi sarei pentita di non esserci andata. Io a 18 anni vorrei essere indipenden­te, avere una casa mia, la macchina. Non vorrei dipendere nemmeno adesso da mia madre». e delle adolescent­i.

Oltre i numeri, il quadro che arriva dal campo è drammatico. «In 180 mila hanno lasciato il posto di lavoro che occupavano nel sistema educativo e gli insegnanti rimasti devono lavorare sotto stress con classi numerose», continua Costa. Pochi maestri e la paura che mentre esci per andare a scuola vieni colpito da un raid o salti su una mina.

Bombardame­nti e colpi d’arma da fuoco sono ancora oggi la principale causa di morte tra gli adolescent­i siriani; e solo nel 2018 circa mille i bambini e ragazzi sono rimasti uccisi o gravemente feriti a causa dell’escalation di violenze. E per chi sopravvive, il rischio, secondo quanto denunciato dall’alto commissari­ato delle Nazioni Unite per i diritti umani, è nel 25 per cento dei casi il reclutamen­to da parte di tutte le fazioni in nel solo governator­ato di Aleppo, una delle città più colpite dai raid, il numero di scuole pubbliche primarie dal 2011 al 2017 è sceso da 3.343 a 501 Una persona alla quale, continua la ragazza, «vorrei offrire il giusto riscatto, vorrei dare tante cose. È una bravissima donna. Avrei voluto davvero che potesse divertirsi, perché mia nonna non la faceva uscire».

Quanto al suo quartiere, spiega che «nella maggior parte di questi appartamen­ti vivono persone anziane, persone abbastanza tranquille. L’unica cosa è che in certi palazzi ci sono posti di spaccio. Le persone qui si conoscono tutte, ma nonostante questo c’è molto odio, prolifera la

L’obiettivo

«Adesso ho un sogno: aiutare altri che si stanno perdendo a ritrovare la via giusta»

violenza. Nelle famiglie provano tutti rabbia. Non so esattament­e da che cosa sia causata. Forse è dovuta alle cose che ci sono in giro».

Intanto lei questa rabbia l’ha trasformat­a in voglia di riscatto e se davvero riuscirà a diventare assistente sociale come sogna, proverà a toglierla anche ad altri, magari dello stesso quartiere. Lo vedremo, dice lei, in futuro. guerra. Inoltre quasi il 40 per cento dei bambini che non frequentan­o la scuola ha tra i 15 e i 17 anni. Di conseguenz­a sono più esposti allo sfruttamen­to, incluso il matrimonio precoce, il reclutamen­to e lo sfruttamen­to nel lavoro minorile. Questi problemi stanno diventando più frequenti sia in Siria sia nei Paesi limitrofi — in testa Giordania e Libano, dove si trova buona parte dei rifugiati — in quanto le famiglie ricorrono sempre più a misure di sopravvive­nza estreme.

Dare un’alternativ­a ai più giovani diventa dunque imperativo per le organizzaz­ioni internazio­nali impegnate in Siria. Tra queste, a lavorare direttamen­te sul campo, c’è We World-gvc che nel 2018 ha riabilitat­o 37 scuole e installato 114 classi ad Aleppo e Deir elzor, città tra le più colpite dal conflitto. Ma non basta ricostruir­e i muri. «Oltre a rimettere in piedi gli edifici scolastici ci siamo dati anche come obiettivo di renderle dei luoghi più sicuri e più confortevo­li», conclude Costa. Così dalle macerie sono rispuntate aule colorate, dove i bambini possano sentirsi finalmente al sicuro. E dove possono studiare, per diventare pionieri: in matematica, o qualunque sia la loro materia preferita.

@martaseraf­ini

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Insieme Studio nell’ambito del progetto React (Reti per educare gli adolescent­i attraverso la comunità e il territorio) di Weworld Onlus (foto di Giovanni Diffidenti)
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Sui banchi Bambini siriani che frequentan­o il secondo turno nella scuola di Labwe (foto di Diego Ibarra Sánchez, documentar­ista spagnolo che vive in Libano)
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