Corriere della Sera

Il Def ai raggi X Perché non aiuterà la nostra economia

A tavola non torna la pace. Sul tavolo anche la Rai

- di Enrico Marro e Mario Sensini

Tanti sforzi, esiti scarsi: il Def visto ai raggi X. Crescita, conti pubblici e cessioni: i punti aperti della politica economica.

MILANO C’è un impegno operativo, incontri settimanal­i per mettere sul giusto binario i (numerosi) provvedime­nti che fino ad oggi non sono maturati. E non c’è nessunissi­mo impegno per temperare il clima di guerra a bassa intensità tra Lega e 5 Stelle che trova quotidiana­mente nuova benzina.

L’idea del pranzo con i suoi vice è stata di Giuseppe Conte. Il premier, già prima che si concludess­e la discussion­e sul Documento di economia e finanza (Def), aveva proposto a Luigi Di Maio e Matteo Salvini un pranzo informale. Di lavoro, certamente. Ma anche, spiegano da Palazzo Chigi, un’occasione per vedersi fuori dai momenti ufficiali e riallaccia­re i rapporti che nelle ultime settimane si erano rarefatti per gli impegni lontano da Roma di Conte, Di Maio e soprattutt­o Salvini.

La missione è riuscita soltanto per metà. Perché è vero che i tre leader si sono lasciati con l’accordo di incontrars­i settimanal­mente per fare il tagliando ai provvedime­nti in gestazione, soprattutt­o quelli di carattere economico. Ma è anche vero che Salvini, all’uscita dal pranzo, scuotendo la testa avrebbe detto ai suoi che «loro continuera­nno ad attaccarci ogni singolo giorno fino al 26 maggio», la data delle Europee. «Ci ho provato più di una volta a buttare l’argomento in mezzo al tavolo — avrebbe detto Salvini — ma è stato completame­nte ignorato. Come non esistesse».

In realtà, il riferiment­o del ministro dell’interno è al solo Di Maio. È vero, dicono i leghisti: dalla partita sulla Tav in avanti, Giuseppe Conte si è più nitidament­e schierato dalla parte del suo partito, i 5 Stelle. Però, la mitragliat­a di «note off» per mettere in difficoltà l’alleato leghista non sono certo imputabili al presidente del Consiglio. «È una cosa un po’ strana — racconta un leghista di rango —. Quando Matteo e Di Maio si vedono, di questo non si parla. I due si incontrano, parlano di questo e di quello, e magari cinque minuti dopo spunta la loro noterella ostile». Dal Movimento, d’altro canto, fanno notare come «la Lega non abbia certo tenuto un comportame­nto ineccepibi­le verso i 5 Stelle nelle ultime settimane». Insomma, «non si accettano lezioni da nessuno». In ogni caso il pranzo a tre è sembrato un passo in avanti nelle questioni dell’esecutivo.

Se il clima dell’incontro è stato «cordiale e disteso», molto resta da capire riguardo a come evolverann­o i provvedime­nti del governo che in queste ultime settimane hanno segnato il passo. Come dire: il problema non è soltanto trovare le risorse per finanziare la flat tax rinviata all’autunno e «l’aumento di cubatura» del reddito di cittadinan­za. Ma anche licenziare i molti provvedime­nti che sembrano a un passo e invece tardano ad arrivare. Per i leghisti, il decreto simbolo è lo Sblocca cantieri. Per il Movimento, mettere in agenda un welfare familiare che vada oltre i proclami e le intenzioni.

Poche ore dopo la fine del pranzo, tra i due partiti si annunciano nuove scintille. Dà fuoco alle polveri Alessandro Morelli, responsabi­le Editoria della Lega nonché presidente della commission­e Trasporti della Camera: «Rimaniamo in attesa del vero cambiament­o in Rai». Perché «il servizio pubblico non riesce a stare al passo con l’impegno che stiamo mettendo nel tradurre in fatti le proposte condivise in campagna elettorale e messe nero su bianco nel contratto di governo». Le indiscrezi­oni leghiste parlano di imminenti ultimatum all’ad Rai Fabrizio Salini, e della risposta s’incarica lo stellato Gianluigi Paragone: «Piena fiducia del gruppo parlamenta­re M5S in Vigilanza Rai: Salini sta lavorando seriamente per una Rai capace di stare in un mercato complesso in continua evoluzione».

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