Quel dischetto lontano è come l’immaginavamo
I calcoli erano giusti: non sempre nella scienza va così
Eccolo lì. Piccolo dischetto nero circondato di arancio e rosso fuoco. Del tutto simile all’immagine che speravamo di poter vedere: quasi indistinguibile dalle simulazioni prodotte nei mesi scorsi dai calcoli e dai computer... Ma questa non è un’immagine simulata. Questa è un’immagine vera.
La guardo forse ancora incredulo. Ho studiato i buchi neri tutta la vita, ma non credevo sarei arrivato a vederne una vera immagine. Mille pensieri e mille ricordi, guardando questa immagine...
Ricordo il mio libro di testo universitario, che nel capitolo sui buchi neri diceva che tutto sommato non ci si credeva che i buchi neri esistessero davvero... Ricordo il direttore del centro di ricerca dove sono andato a lavorare nel 2000. Durante la nostra prima conversazione anche lui era molto scettico che i buchi neri fossero reali. E invece... eccolo lì.
È curioso che tanti si siano chiesti come possiamo vedere un buco nero, che non fa luce. Come se fosse difficile vedere un buchetto in una scatola di cartone, solo perché dentro la scatola è buio.
Eccolo lì. Il piccolo dischetto nero, che conferma anni di studi e di calcoli. Era tutto giusto... Non sempre va tutto così bene nella scienza: ci sono attese che restano crudelmente deluse dalla realtà. Basti pensare, recentemente, alle particelle chiamate supersimmetriche che tanti aspettavano di vedere a Ginevra, e invece si sbagliavano.
Ma per la fisica della gravità questo è un momento magico. Una sequenza di successi spettacolari, culminati con la rilevazione delle onde gravitazionali, solo di due anni fa, e oggi con la prima immagine di un buco nero. La straordinaria teoria di Einstein, la relatività generale, con le sue previsioni rocambolesche, non fa che ricevere conferme su conferme.
Penso non sia un momento magico solo per la fisica della gravità. È un momento magico per l’umanità intera, che si affaccia sempre più all’universo e vede cose che nessuno di noi aveva mai visto prima. Come quando Galileo per primo alzò il telescopio al cielo. Come quando gli astronauti dalla luna videro per la prima volta il nostro pianeta blu risplendere intero nel cielo.
L’universo si svela lentamente a noi, e non fa che rivelarsi sempre più luogo di rutilanti meraviglie, che la nostra intelligenza insegue a fatica, e la nostra immaginazione vacilla a cercare di figurare. Un piccolo dischetto sì, ma è a 55 milioni di anni luce di distanza: la luce che ci porta l’immagine che oggi guardiamo tutti noi incantati è partita da là molto prima che comparisse sulla Terra la nostra inquieta e fragile specie.
E lui, il buco nero, provate a immaginarlo: una sfera più grande che l’intera orbita di Saturno, con la massa di sei miliardi e mezzo di soli. Circondato da una corona di plasma infuocato che rotea a una velocità vicina a quella della luce e risplende così viva che noi siamo riusciti a vederla attraverso gli immensi spazi siderali aperti fra le galassie...
E dentro questo gigante del cielo cosa succede? Cosa c’è? Ancora non lo sappiamo, perché lì dentro Einstein non basta. Stiamo studiando. Lo scopriremo.
Ho studiato i buchi neri tutta la vita, ma non credevo sarei arrivato a vederne una vera immagine Sono ancora incredulo