Zone rosse nelle città inaccessibili ai denunciati
Aree vietate per chi è stato denunciato. Nardella: sono d’accordo
Zone rosse in tutte le città dove sarà vietato entrare a chi è stato denunciato. Il Viminale indica la linea ai prefetti. Provvedimento che si ispira ai Daspo. Ma alcuni giuristi sollevano dubbi.
«Zone rosse» in tutte le città italiane dove sarà vietato entrare a chi è stato denunciato per spaccio di sostanze stupefacenti, reati contro la persona e danneggiamento dei beni. È l’ultima indicazione del ministro dell’interno Matteo Salvini che ha annunciato «direttive affinché tutti i prefetti seguano l’esempio dei colleghi di Firenze e Bologna che hanno emanato ordinanze anti-balordi prevedendo l’allontanamento di questi soggetti da alcune aree».
Provvedimenti che si ispirano ai Daspo urbano, ma stanno già suscitando numerose polemiche. Si tratta infatti di misure che non sono personali, ma generalizzate, e già questo suscita perplessità. Ma soprattutto coinvolgono persone che hanno subito soltanto una denuncia e dunque potrebbero essere ritenute incostituzionali perché superano il principio di non colpevolezza. Dal Viminale chiariscono che si tratta di «interventi eccezionali che mirano a superare il degrado», ma adesso bisognerà verificare dove e come si deciderà di estendere questo divieto.
Bologna primo caso
Il primo a emanare questo tipo di direttiva era stato Matteo Piantedosi, il 17 dicembre 2017, quando era prefetto di Bologna e al Viminale c’era il ministro Marco Minniti. Era stato varato un decreto sicurezza che prevedeva una serie di limitazioni nelle aree ritenute a rischio e dunque sulla base di quella legge c’erano margini di intervento, anche se numerosi giuristi evidenziarono i rischi legati a «una gamma di sanzioni solo nominalmente amministrative ma che si traducevano in realtà in provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale». Bisognava comunque intervenire nell’aerea del Parco della Montagnola dove stazionavano decine di nigeriani e dunque si decise un intervento straordinario di sei mesi proprio per «garantire l’accessibilità e la fruizione della zona alla popolazione rappresentata da minori e nuclei familiari». E dunque fu stabilito «il divieto di stazionamento per chi sia stato denunciato dalle forze di polizia per il compimento di attività illegali legate agli stupefacenti, ma anche percosse, rissa, lesioni personali, danneggiamento di beni e commercio abusivo su aree pubbliche».
Il sindaco del Pd Virginio Merola approva e chiede che l’ordinanza sia estesa «anche alla zona universitaria». Scaduto il periodo di validità, il nuovo prefetto Patrizia Impresa ha deciso di firmare una nuova ordinanza identica alla precedente.
I divieti a Firenze
Aree interdette sono state decise anche a Firenze. Nell’elenco c’è Fortezza Da Basso, il Parco delle Cascine, via dei Servi, piazza dei Ciompi, ma anche alcune strade del centro storico. Spiega il prefetto Laura Lega: «Il nostro obiettivo è garantire la massima sicurezza e la piena fruibilità del centro storico alla cittadinanza. Firenze è una città sicura e noi vogliamo rafforzare e consolidare l’azione già messa in atto dalle forze di polizia e dalla municipale», che negli ultimi mesi hanno incrementato i servizi di prevenzione e controllo «per ren
I precedenti
La prima città a varare questo tipo di direttiva era stata Bologna nel 2017, a seguire Firenze
dere più difficile il radicamento di fenomeni di illegalità e di degrado».
L’ordinanza ha una validità di tre mesi e al termine di questo periodo si dovrà valutare se le misure siano state efficaci o se — come accaduto a Bologna — non siano servite davvero come deterrente. Per ora plaude il sindaco Dario Nardella: «È un provvedigiusto mento senz’altro utile che rafforza l’azione che le forze dell’ordine stanno svolgendo nel nostro territorio, nonostante il fatto che siano sotto organico e siano in attesa di agenti che devono venire da Roma come promesso. Noi come Comune abbiamo collaborato attivamente, perché credo che il gioco di squadra possa essere molto utile, anche se è che l’apporto più rilevante per la sicurezza dei cittadini sia dato dallo Stato».
Il «tempo limitato»
Ernesto Bettinelli, 72 anni, membro dell’associazione italiana costituzionalisti, professore emerito dell’università di Pavia, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con delega alla Funzione Pubblica) del primo governo Prodi, legge l’ordinanza e la ritiene «non irragionevole», anche se sottolinea la necessità che il tempo sia «limitato».
«Questo tipo di provvedimenti — chiarisce — non mi scandalizza, anche se incide sulle libertà fondamentali dell’individuo come la libertà di circolare, perché si tratta di una misura che non è permanente, dura solo tre mesi. Direi che ricalca i provvedimenti presi in Francia contro i casseurs. O può essere avvicinata al Daspo, anche se qui considera solo i comportamenti fisici dei danneggianti. È una misura di prevenzione e si riferisce a situazioni che devono essere protette, zone degradate, parchi con le siringhe che mettono a repentaglio i bambini. Si parla di Firenze e Bologna, ma io che sono lombardo posso dire che anche a Rozzano per fronteggiare lo spaccio sono state prese misure di questo tipo. Non vedo profili di incostituzionalità, ma il soggetto colpito, assistito da un buon avvocato, potrà sempre ricorrere davanti al giudice ordinario».