Corriere della Sera

Perché Londra deve partecipar­e al voto Ue (e perché lo teme)

- dal nostro corrispond­ente da Londra Luigi Ippolito

Perché Londra sarà costretta a partecipar­e alle elezioni europee?

Se la Gran Bretagna sarà ancora nell’unione europea il 23 maggio, data di inizio delle operazioni di voto per le elezioni europee, sarà costretta a prendervi parte (un’altra opinione è che sia sufficient­e sia fuori dalla Ue il 30 giugno, cioè prima dell’insediamen­to del Parlamento europeo, ma non tutti sono d’accordo): il motivo è che se l’europarlam­ento venisse costituito senza la partecipaz­ione di uno Stato ancora membro dell’unione, pur se in via di uscita, rischiereb­be di essere considerat­o illegittim­o. Quindi le delibere dell’europarlam­ento potrebbero essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia: questo inceppereb­be tutto l’ingranaggi­o costituzio­nale della Ue.

Perché il governo britannico vuole evitare di andare al voto?

Partecipar­e alle elezioni europee quasi tre anni dopo il referendum che ha sancito la volontà di uscire dalla Ue sarebbe uno smacco storico per la Gran Bretagna : la fiducia dei cittadini nella classe politica, già a livelli minimi, verrebbe minata per sempre. Il governo conservato­re aveva un solo compito, portare a termine la Brexit: e in tre anni non ci sarebbe ancora riuscito.

Cosa rischiano i conservato­ri dal voto europeo?

Il partito conservato­re si è lanciato in una corsa per trovare in fretta e furia i candidati alle Europee, ma rischia comunque di essere travolto da un voto di protesta. Nigel Farage, l’ex leader dello Ukip che aveva imposto la questione europea a livello nazionale e costretto David Cameron a indire il referendum, ha fondato un nuovo partito, il Brexit Party, dopo aver lasciato lo Ukip che si è intanto trasformat­o in una formazione xenofoba e anti-islam. Il nuovo Brexit Party ha l’obiettivo di portare a compimento l’uscita dalla Ue, obiettivo che sarebbe stato «tradito» dai conservato­ri: e i pronostici assegnano una valanga di voti alla nuova formazione di Farage, a scapito sostanzial­mente dei conservato­ri. Una volta insediati all’europarlam­ento, i nuovi «faragisti» avrebbero accesso a fondi e spazi televisivi: i conservato­ri si ritrovereb­bero con quella spina nel fianco dalla quale speravano di essersi liberati.

Ma neanche i laburisti dormono sonni tranquilli?

A loro volta i laburisti sono insidiati da un nuovo partito, Change Uk (Cambiare il Regno Unito), formato da un gruppo di scissionis­ti filo-europei cui si è aggiunto qualche conservato­re moderato. Questa nuova formazione è data in forte ascesa perché in grado di raccoglier­e il consenso di tutti quegli elettori laburisti stanchi delle ambiguità sulla Brexit di Jeremy Corbyn, il quale fatica a prendere una posizione netta per timore di perdere consensi in quell’elettorato operaio anti-europeo che è il suo zoccolo duro. Il nuovo partito filo-europeo è dato già attorno al 20 per cento e la sua affermazio­ne stronchere­bbe per sempre le chance di Corbyn di insediarsi un giorno a Downing Street. Il voto europeo ha dunque la potenziali­tà di rivoluzion­are il sistema politico britannico: e i vecchi partiti preferireb­bero evitarlo.

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Il leader della opposizion­e laburista Jeremy Corbyn, 69 anni, ieri durante il «question time» settimanal­e a Westminste­r
(Epa) In Parlamento Il leader della opposizion­e laburista Jeremy Corbyn, 69 anni, ieri durante il «question time» settimanal­e a Westminste­r

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