Marino assolto, lite nel Pd. Orfini: non mi scuso
Un caso la cacciata dell’ex sindaco. Anche Renzi rivendica la scelta: fu un fatto politico. Polemica con i 5 Stelle
ROMA «Non mi scuso con Marino». Matteo Orfini, ex presidente del Pd ed ex commissario del partito nella Capitale, tiene il punto e rivendica la sfiducia che nel 2015 fece cadere il sindaco dem Ignazio Marino. Due giorni fa l’ex sindaco è stato assolto dalla Cassazione che ha annullato senza rinvio la condanna a due anni di reclusione stabilita in appello per peculato e falso per la vicenda delle presunte cene pagate a spese del Campidoglio. Nell’ottobre 2015 il Pd con Matteo Renzi segretario decise di staccare la spina alla giunta Marino facendo depositare a 26 consiglieri le dimissioni dal notaio. Nel Pd quella decisione continua a far discutere: per Carlo Calenda «farlo fuori così è stato brutto e autolesionista», mentre Roberto Morassut, deputato e membro della direzione, parla di «modalità antidemocratica», e Francesca Danese, ex assessora di Marino, ricorda che all’epoca «molti poteri forti si opponevano al cambiamento». Eppure ieri Orfini ha confermato le sue ragioni: «Alcuni, anche nel Pd, mi chiedono di scusarmi. Non credo di doverlo fare: ho assunto quella scelta spiegando che non era legata all’inchiesta. Marino non era adeguato, stava amministrando male Roma, la città era un disastro». Fu «una decisione politica», spiega Matteo Renzi, che punta il dito verso la «violenta campagna di fango» del M5S: «Portarono persino le arance in consiglio comunale, gesto barbaro, che gli si è ritorto contro», scrive l’ex segretario dem alludendo all’arresto per corruzione di Marcello De Vito, ex presidente dell’assemblea capitolina che ai tempi protestò con le arance insieme a Virginia Raggi, Daniele Frongia e Enrico Stefàno. Scelta comunque «non semplice», scrive ancora Orfini che, poi, domanda a chi legge: «Per Roma sarebbe un bene o un male se oggi il M5S sfiduciasse la Raggi? Io credo sarebbe un bene».