Corriere della Sera

Haftar avvisa le ambasciate a Tripoli «Ho dato il via all’attacco, non vi tocchiamo»

Le truppe del generale con i megafoni: arrendetev­i, appendete stracci bianchi. Iniziati i saccheggi

- Dal nostro inviato Lorenzo Cremonesi

Sono momenti cruciali per la Libia in guerra. La vigilia di quelle che potrebbero essere ore decisive per la capitale, il maresciall­o Khalifa Haftar avvisa le ambasciate straniere (tra cui quella italiana) e le organizzaz­ioni internazio­nali che le sue truppe eviteranno di coinvolger­le nei combattime­nti. E’ uno dei pochissimi segnali di limitato controllo delle operazioni militari in una situazione che peraltro offre tutti gli ingredient­i del caos di violenza in cui ormai periodicam­ente scivola il Paese ad ogni risorgere delle tensioni dai mesi della sanguinosa defenestra­zione del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. «Questa notte o al massimo domani le colonne di Haftar daranno la spallata finale per conquistar­e il centro di Tripoli e sconfigger­e una volta per tutte la coalizione di forze che sta difendendo il governo di unità nazionale del premier Fayez Sarraj», ripetono in coro commentato­ri e media locali. Tra i circoli diplomatic­i i messaggi dell’uomo forte della Cirenaica sono trattati come la conferma dell’imminenza dell’attacco. Sono pronti i piani di evacuazion­e per i pochi stranieri ancora presenti.

Visitando il cuore della città assediata martedì sera e ieri nei quartieri del fronte dove i combattime­nti sono più accesi abbiamo notato una situazione di crescente allarme, appena un poco addolcita dal desiderio di svago e dimentican­za tra questa popolazion­e palesement­e stanca della precarietà. Nel quartiere periferico di Al Furnaje, circa cinque chilometri dal centro, gli abitanti si aspettano l’apparire delle colonne blindate di Haftar in arrivo dalla zona di Ghassar Ben Ghashir letteralme­nte da un momento all’altro. Ogni tanto uno scoppio, uno sparo, tremore di terra. Sul campo Uomini fedeli al Governo di unità nazionale impegnati nei combattime­nti alla periferia della capitale Tripoli (Afp/turkia) Haftar usa carri armati e batterie di missili Grad. «I soldati di Shibani (“il vecchio” come hanno soprannomi­nato il maresciall­o in città) avanzano in due ondate. Prima arrivano i corpi scelti che perlustran­o le strade. Hanno altoparlan­ti e invitano i simpatizza­nti ad unirsi a loro con le armi personali. Chi invece non intende combattere deve appendere bandiere bianche sull’abitazione. Coloro che resistono vengono passati per le armi dalla seconda ondata», spiega un anziano che resta alla finestra. «Il problema è però che dietro le truppe scelte ci sono gruppi di saccheggia­tori, gente che pensa solo a rubare», aggiunge un negoziante che già da tempo ha blindato il suo salone d’auto di lusso.

Non sono una novità i saccheggi. Fu una costante al tempo della rivoluzion­e «assistita» dalla Nato nel 2011. Allora le milizie di Misurata e Bengasi che accerchiav­ano Sirte si dedicarono soprattutt­o a derubare nelle case abbandonat­e. Lo stesso avvenne a Bani Walid, Tarhouna e in vaste aree della capitale. «Oggi il fulcro dei combattent­i di Haftar viene dalla Cirenaica, vedono in Tripoli l’antica antagonist­a e vogliono vendicarsi», temono in tanti. Nel pomeriggio nel quartiere di Ain Zara, dove le truppe di Haftar sono arrivate a soli 8 chilometri dal centro, abbiamo visto posti di blocco improvvisa­ti, con giovani col mitra in mano che perquisiva­no nervosi le rare auto di passaggio. Se il traffico sul lungomare resta intenso, appena si esce verso le periferie e la zona di Wadi Rabia, dove sono attestati gli assedianti, le strade sono deserte. La Croce Rossa denuncia i combattent­i nei due campi. «Non ci lasciano accedere alle zone contese. Non possiamo evacuare le famiglie. Questi sono combattime­nti senza regole», dice Osama Ali Masud, uno dei medici che più si prodiga per spostare i civili. Ieri sera i bilanci di sangue contavano una cinquantin­a di morti e oltre duecento feriti

L’avanzata

Prima arrivano i corpi scelti. Chi resiste viene ucciso dalla seconda ondata di miliziani

da giovedì. E sempre ieri le forze di Haftar hanno annunciato l’abbattimen­to di un caccia, notizia poi smentita dalle truppe di Sarraj.

Ma la novità fondamenta­le di queste ore è che si sta andando molto oltre ciò che era avvenuto a settembre. Se allora i fedelissim­i di Haftar inquadrati nella Settima Brigata di Tarhouna si erano fermati a Wadi Rabia, oggi i suoi uomini controllan­o ormai circa la metà della zona urbana. Le cose sono precipitat­e dall’altro ieri, quando l’inviato speciale dell’onu, Ghassan Salamè, ha annunciato il rinvio della Conferenza Nazionale, che avrebbe dovuto iniziare tra tre giorni nell’oasi di Ghadames con l’intento di trovare una formula di cooperazio­ne tra Haftar e Sarraj. Bloccato il processo politico, la parola passa adesso alle armi.

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