Corriere della Sera

Moby Prince, per la prima volta si indaga per strage

Livorno, i familiari: «Così cade il rischio della prescrizio­ne». Ieri il corteo a 28 anni dalla tragedia

- (Simone Lanari) Marco Gasperetti mgasperett­i@corriere.it

LIVORNO Si continua a indagare sul Moby Prince. E stavolta per strage. A 28 anni esatti dalla sciagura del traghetto della Navarma (140 morti e un solo superstite) la Procura di Livorno, diretta da Ettore Squillace Greco, ha ipotizzato per la prima volta il reato più terribile ma anche più atteso dai familiari delle vittime.

La notizia ha scosso Livorno nel giorno delle cerimonie di commemoraz­ione delle vittime. Nel porto toscano, la notte del 10 aprile 1991, la nave era salpata per raggiunger­e Olbia, poco dopo si era scontrata con la petroliera Agip Abruzzo ed era stata divorata dalle fiamme. «È stata una La vicenda

● Nel 1991 il traghetto Moby Prince, di proprietà della Nav.ar.ma., si scontrò con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno

● Nell’incendio causato dalla collisione morirono 140 persone a bordo del Moby Prince strage e dunque, come ha riconosciu­to la Procura, si può ancora indagare perché non è prevista per questo reato la prescrizio­ne», commenta Carlo Alberto Melis Costa, legale dei familiari delle vittime.

Lunedì scorso l’avvocato ha depositato un esposto nel quale s’ipotizza non solo un dolo eventuale ma anche diretto sulle responsabi­lità della tragedia. Nella denuncia si parla anche di un’esplosione di gas prima della collisione all’interno della nave accertata dalle analisi dei periti. E ancora si legge che «resta singolare la circostanz­a che la Moby Prince fosse l’unica nave assicurata dall’armatore per danni da terrorismo».

La nuova inchiesta della Procura livornese, che arriva dopo tre processi e un’altra inchiesta poi archiviata senza colpevoli e infine una decisiva della commission­e parlamenta­re, I familiari

Il corteo, ieri a Livorno, per chiedere giustizia per le vittime della Moby Prince pare si stia concentran­do su presunte gravi omissioni nei soccorsi (con una ipotizzata sottovalut­azione della sciagura da parte dell’allora comandante della capitaneri­a di porto) e su eventuali carenze nelle dotazioni interne della nave.

Si parla di un sistema antincendi­o disattivat­o, mancanza di maschere antigas, di tentativi di manomissio­ni dopo la sciagura al timone e soprattutt­o di un colossale depistaggi­o. Che ha spinto i familiari delle vittime a presentare un secondo esposto, stavolta alla Procura di Roma, ipotizzand­o persino un tentativo di bloccare la commission­e parlamenta­re d’inchiesta con false testimonia­nze e prove a discolpa inesistent­i.

Sempre ieri i familiari delle vittime hanno annunciato di aver avviato una causa civile contro lo Stato «perché ritenuto responsabi­le, attraverso le sue articolazi­oni periferich­e, delle morti a bordo del Moby Prince» per non aver garantito la sicurezza. «Saranno citati in giudizio i ministeri delle Infrastrut­ture e dei trasporti, della Difesa e la presidenza del Consiglio», ha spiegato l’avvocato Paola Bernardo.

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