TROPPI «NO» A MILANO È UN MODELLO DI CITTÀ CHE FA PAURA AL GOVERNO?
Mai come in questi giorni la presenza del governo a Milano è stata così massiccia. Tutti a tagliar nastri a favore dei fotografi. Il premier Conte che prima inaugura il nuovo Museo del Design alla Triennale e il giorno dopo il Salone del Mobile, il vicepremier Salvini che partecipa al concerto e alla cena sul palco della Scala. Nelle stesse ore a Roma andava in scena la rappresentazione opposta. Milano, con un colpo di spugna della maggioranza giallo-verde, veniva cancellata come possibile sede del Tribunale Ue dei brevetti in uscita da Londra. Una scelta deliberata e studiata in ogni particolare. Prima sono state bocciate le mozioni del Pd, di Fi e di Fdi che indicavano il capoluogo lombardo come nuova sede, poi è arrivata la mozione Lega-cinque Stelle che ha fatto sparire Milano a favore di una più generica Italia. La prima considerazione è banale. Quando fa comodo e la città è sotto gli occhi di tutto il mondo come nella settimana del Fuorisalone, il governo è fin troppo presente. Quando si deve riconoscerle un ruolo che è nei fatti (Milano genera il 10 per cento del Pil nazionale, ospita il 32 per cento delle multinazionali made in Italy, conta 1.500 start up innovative), la si fa evaporare come neve al sole. Questo porta alla seconda considerazione che dovrebbe consolare almeno in parte il sindaco Beppe Sala della mancata candidatura: Milano, per questo governo, è ingombrante. Non solo per il suo ruolo economico. Qui c’è un modello di centrosinistra allargato e plurale che ha retto alla débâcle dei vari partiti e ha rilanciato la sua scommessa all’indomani delle elezioni del 4 marzo. Resta ancora negli occhi quella cartina dove si vede un puntino rosso circondato dal blu della Lega. Quel puntino è Milano, il resto è Lombardia. Più recentemente duecentomila persone hanno manifestato contro il razzismo. Aggiungere nuove perle alla corona della città sarebbe un autogol perché Milano fa paura e resta sempre la preda più ambita da conquistare.