I Farnese e il lato oscuro del potere
Politica e destino del duca Ottavio
Che storia quella di Ottavio Farnese, ricca di trame e intrighi degni dei drammi di Shakespeare. Sembra che il duca di Parma e Piacenza fu addirittura la causa della morte di Paolo III, l’avido nonno eletto al soglio pontificio grazie alla bellezza della sorella Giulia e dopo aver messo al mondo quattro figli.
Il motivo del decesso, avvenuto il 10 novembre 1549, fu l’ira suscitata dalla ribellione del nipote che non voleva sottostare alla decisione di riportare sotto il controllo della Chiesa i possedimenti di Parma e Piacenza minacciati dall’esercito imperiale milanese. Sentendosi scippato del ducato, Ottavio, sostenuto dal fratello cardinale Alessandro, non si fece scrupolo di ricorrere all’aiuto di Carlo V, nemico del nonno. Un tradimento insopportabile perché il Papa aveva molto amato i due giovani nipoti sui quali poggiava le ambizioni del casato. Con loro si era fatto ritrarre da Tiziano e il dipinto, oggi a Capodimonte ma nel Seicento collocato a Palazzo del Giardino di Parma, smascherava con spudorata sincerità la cupidigia del terzetto: al centro il Papa
settantasettenne con la mano stretta ad artiglio a ghermire lo scranno; a sinistra Alessandro cui era destinato un ruolo strategico nella gerarchia ecclesiastica; a destra Ottavio che, grazie al matrimonio con Margherita d’austria, avrebbe dovuto succedere al padre Pier Luigi alla guida del ducato di Parma e Piacenza.
Margherita, appunto. Un altro capitolo romanzesco nella vita di Ottavio. Figlia naturale dell’imperatore Carlo V, ad appena 16 anni era già vedova del duca Alessandro de’ Medici e con suo grande disgusto era stata consegnata in sposa al quattordicenne Farnese. Per due anni si rifiutò di consumare il matrimonio la cui irrevocabilità rimase in sospeso fino a quando, dopo infinite pressioni per evitarne l’annullamento, nell’agosto del 1545 Paolo III e Carlo V tirarono finalmente un sospiro di sollievo con la nascita di due gemelli. Il primo, Alessandro, vivrà fino al matrimonio alla corte spagnola, una specie di ostaggio a garanzia della incerta fedeltà farnesiana; il secondo morirà invece nemmeno quattro anni dopo la nascita.
Tra congiure e alleanze, il dominio di Ottavio su Parma rimaneva precario, in balia
Peripezie
Il matrimonio difficile e il mistero della morte del nonno: vicenda di un signore tormentato
degli equilibri fra Francia e Spagna, e messo in discussione da una scomunica ricevuta dal papa successore di suo nonno. Eppure Ottavio sapeva che per consolidare il potere e ampliare il consenso, la propaganda culturale era uno strumento imprescindibile. A Roma i fratelli Alessandro alla Cancelleria e Ranuccio a Palazzo Farnese, tenevano alto il nome della casata attraverso l’accumulo di strepitose collezioni d’arte, la costruzione del Palazzo di Caprarola e della Chiesa del Gesù. Nella corte di Parma, Ottavio capisce che per collocarsi ai vertici della turbolenta nobiltà delle piccole corti padane ritrose a farsi inglobare nel ducato, deve emulare i fratelli nell’esibizione dello sfarzo. Con la costruzione del Palazzo del Giardino, alla fine degli anni Cinquanta primi anni Sessanta dà avvio alla nuova strategia promozionale investendo parte delle sue ricchezza nel mecenatismo e nel collezionismo. Non solo quadri, ma anche «argenterie» (cammei, coppe, saliere, orologi, gemme) oltre alle decorazioni sui muri del palazzo con le imprese cavalleresche dipinte da Jacopo Zanguidi Bertoja e Girolamo Mirola. Quest’ultimo, nato a Bologna ma morto appena quarantenne a Parma, viene bloccato a corte con un salario fisso e coadiuvato negli affreschi dal più giovane Bertoja. Il quale, ingaggiato anche a Caprarola dal cardinale Alessandro, muore a sua volta a nemmeno trent’anni. Sono entrambi pittori di corte perfetti, gran dipintori di fiabe col tipico gusto artificioso manierista.
Nessuno dei due fa in tempo, seppure per una manciata di anni, a vedere come Annibale Carracci affronterà gli stessi temi nel soffitto della Galleria Farnese, a Roma. Avessero visto, si sarebbero sentiti vecchi di colpo.
La strategia
Per lui la cultura fu un formidabile strumento per mantenere il timone del consenso