Corriere della Sera

E il sogno di Borges divenne una realtà Tra bambù, libri antichi e memorie care

Visita nella struttura creata da Franco Maria Ricci: ci si ritrova nelle idee

- Di Paolo Beltramin pbeltramin@rcs.it

«Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue. “Lo crederesti, Arianna?”, disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso”». Così, fuori dal labirinto di Cnosso, si chiude La casa di Asterione, forse il più bel racconto di Jorge Luis Borges. Negli anni 70 lo scrittore argentino soggiornav­a spesso in una tenuta nella campagna di Fontanella­to, a 15 chilometri da Parma, ospite di un giovane editore italiano diventato suo amico: Franco Maria Ricci.

Ormai quasi completame­nte cieco, Borges camminava a fatica, come zigzagando, e intanto raccontava le sue fantasie. Un giorno, mentre lo ascoltava, a Ricci venne in mente un’impresa da romanzo. E fece una promessa al suo autore preferito: «Voglio costruire un labirinto, proprio qui. E sarà il più grande al mondo». Quello strano sogno,

Al tramonto La corte centrale del Labirinto della Masone, a Fontanella­to, in uno scatto realizzato al tramonto da Mauro Davoli quattro decenni più tardi, è diventato una realtà fatta di mattoni mantovani e piante tropicali. Inaugurato nel 2015, il Labirinto della Masone si estende per 8 ettari di superficie e tre chilometri di percorsi interni; per realizzare gli ampi corridoi sono stati piantati 200 mila bambù, alti da 30 centimetri a 18 metri — record assoluto: nemmeno in Asia esiste una piantagion­e così ricca.

Quanto tempo ci si mette per raggiunger­e l’imponente edificio a forma piramide che segna l’uscita? In media 30-40 minuti, ma dipende dal senso dell’orientamen­to, dal piacere della compagnia, dalla volontà di cercare subito la soluzione o piuttosto di guardare dentro se stessi. Di solito i bambini arrivano in fondo prima degli adulti. All’entrata non viene assegnata una mappa, solo un numero di telefono per chi decide di gettare la spugna.

La pianta è ispirata alla forma classica del labirinto romano, con angoli retti e suddivisa in quartieri, ma rielaborat­a La scheda

● Inaugurato nel 2015, il Labirinto della Masone si estende per 8 ettari di superficie e tre chilometri di percorsi interni; per realizzare gli ampi corridoi sono stati piantati 200 mila bambù, alti da 30 centimetri a 18 metri aggiungend­o qua e là delle piccole trappole: bivi e vicoli ciechi. Nelle foto aeree è possibile ammirare il perimetro a forma di stella, che compare per la prima volta nel Trattato di architettu­ra del Filarete e ha ispirato anche le città ideali di Sabbioneta e Palmanova. All’ingresso, però il visitatore ha piuttosto la sensazione di addentrars­i nel fantasioso Paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Editore, designer, collezioni­sta d’arte e bibliofilo, Ricci del resto si è ispirato alle pagine di Umberto Eco e di Italo Calvino, ma anche al ricordo di quando, da bambino, si perdeva nelle case di specchi dei luna park. E in fondo sembra una grande stanza dei giochi la collezione d’arte permanente aperta ai visitatori del labirinto: 500 opere che a prima vista non hanno nulla in comune, se non il gusto eclettico del proprietar­io; molte di queste sono però in qualche modo familiari, perché già ammirate nelle copertine di Fmr, l’ormai mitica rivista d’arte pubblicata in cinque lingue e arrivata ad avere, negli anni Ottanta, centomila abbonati da New York a Shanghai. Attraversa­ndo le stanze, come in un altro labirinto, si incontrano una Jaguar E-type e il busto di papa Clemente X del Bernini; la ristampa anastatica in 18 volumi dell’encyclopéd­ie di Diderot e d’alembert e le coloratiss­ime tavole originali del Codex Seraphinia­nus; una sala è dedicata all’eleganza chic dell’art déco, ma subito dopo ci si trova davanti a una serie di antiche Vanitas, nature morte con teschio, spesso granghigno­lesche.

Alla fine del percorso rimane il dubbio — e non ce l’hanno solo i visitatori più piccoli, divertiti almeno quanto i grandi — che questo sia un luogo reale, o piuttosto un’altra finzione. «Il tuo resterà solo un sogno — aveva detto Borges a Ricci, quel giorno negli anni 70 — Il labirinto più grande al mondo esiste già, e non si può fare di meglio. È il deserto». Chissà cosa direbbe oggi.

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