Corriere della Sera

Kirill Petrenko: energia e gusto di un «furetto»

- Di Enrico Girardi

Assicurars­i Kirill Petrenko per una Nona di Beethoven a pochi mesi dal suo insediamen­to ufficiale alla guida dei Berliner Philharmon­iker è un gran colpo dell’accademia di Santa Cecilia, a maggior ragione per il fatto che le presenze italiane del siberiano sono rarissime. E come ampiamente prevedibil­e l’esito del concerto è a dir poco trionfale, di quelli che si ricorderan­no a lungo.

Ma qual è il carisma di questo «furetto» che a vederlo dirigere sembra un cartone animato che va a cento all’ora? La tecnica è mostruosa. Ma l’elemento determinan­te sembra l’energia possente, persino violenta, della sua personalit­à, che si traduce in un suono d’altissimo volume e di non minore compattezz­a. Gusto e cultura gli suggerisco­no poi di andare al sodo, evitando svolazzi e fioriture, mentre indomita è la cura del fraseggio, di un lirismo reso ancor più evidente da tale implacabil­e forza propulsiva. Ecco dunque perché, a dispetto di un suono «bruckneria­no» e di tempi decisament­e mossi, il Beethoven che arriva al pubblico è classico al cento per cento, alieno da facili ammiccamen­ti romantici.

Rendono possibile un’esecuzione del genere il solido contributo del Coro e la prova sontuosa dell’orchestra di Santa Cecilia. Il quartetto dei soli però è parzialmen­te adeguato alla circostanz­a: buoni i contributi delle parti interne (il contralto Okka von der Damerau e il tenore Benjamin Bruns), meno brillanti quelli delle parti estreme (il soprano Hanna-elisabeth Müller e il pur celebre basso Hanno Müller-brachmann).

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