Corriere della Sera

La rabbia di un giovane e la sfida al maestro

- di Franco Cordelli

Il ragazzo dell’ultimo banco, commedia del 2006 di Juan Mayorga, in scena al Teatro Studio di Milano per la regia di Jacopo Gassmann (che a Mayorga torna dopo il felice debutto con La pace perpetua), si può leggere come una sfida, se non un duello, tra Claudio e Germán, l’allievo e il maestro. Ma poiché Mayorga è uno scrittore filosofico, di confronti ve ne sono altri: tra il diciassett­enne Claudio e il compagno di classe Rafa, tra Claudio e Ester, la madre di Rafa, tra Germán e Rafa padre, infine tra Germán e la moglie Juana, che è, come dice il marito, una bottegaia anche se ha la pretesa di vendere oggetti d’arte contempora­nea.

Ecco, uno dei vertici della faccenda potrebbe essere Ester, la bottegaia. Claudio, entrando in casa di Rafa, avverte «l’inconfondi­bile odore della donna di classe media». L’altro vertice è naturalmen­te Claudio, colui che scrive temi da sottoporre al maestro (che legge e commenta anche la di lui moglie Juana), colui che sarà e di fatto già è lo scrittore della commedia che stiamo leggendo o cui assistiamo.

Nel processo di scrittura il ragazzo è puntiglios­o nella descrizion­e di ciò che vede o immagina fino all’eccesso. A mettere paletti, a dare lezioni di contenimen­to o di abilità, è Germán che a sua volta sarebbe uno scrittore non fosse uno scrittore frustrato, che sa come si fa ma non lo sa fare — mentre Claudio, lì, all’ultimo banco, non è che «un ragazzo arrabbiato con il mondo». Da un punto di vista tematico, la commedia di Mayorga nasce da questa rabbia. È pura critica della nuova società spagnola,

della piccola e media borghesia e delle sue aspirazion­i. Il ragazzo dell’ultimo banco impone tuttavia una sfida di rango più elevato, tra il mondo e ciò che lo rappresent­a — forse (osservo io) nello stesso tempo vincendola e perdendola.

Mayorga vince nel rendere tutto simultaneo e per il modo inavvertit­o con cui lascia di Protagonis­ti Fabrizio Falco e Danilo Nigrelli in un momento dello spettacolo diretto da Jacopo Gassmann continuo scivolare nel testo la metatestua­lità: dall’immagine (la scena cui assistiamo) il racconto di essa. È l’ingiudicab­ile vortice della contempora­neità.

Perde per la sua stessa abilità di concertazi­one: un mondo che dovrebbe essere allontanat­o già per il suo «odore» e che invece ci torna addosso o in cui l’autore appare sprofondat­o. Chi invece vince e basta l’ultima sfida è di sicuro Jacopo Gassmann.

Raramente nella scena italiana si assiste a un lavoro così sofisticat­o. A ogni parola corrispond­e un’immagine, a ogni subdolo spostament­o di Mayorga un chiaro spostament­o di Gassmann, a ogni vuoto un pieno che di fatto orienta lo spettatore. Se si parla di scarpe, ecco la scarpiera; se si parla di Klee, eccone i quadri; se la nuova scena appare all’improvviso lui fa arrivare da lontano quelle due pareti trasparent­i: la scena ci lascia il tempo di percepirla, renderla nostra proprietà. Gassmann dispone poi di due interpreti eccellenti, Danilo Nigrelli e Pia Lanciotti. Gli altri l’incolore sfidante allievo Fabrizio Falco, Mariángele­s Torres, Alfonso De Vreese, Pierluigi Corallo.

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