Corriere della Sera

Il dolore privato di Zain per raccontare un’odissea

- Maurizio Porro

Cafarnao, nome di una città inferno maledetta da Gesù nei Vangeli, racconta la non epica odissea di un 12enne per le strade più sporche di Beirut, fra gli individui più loschi, nelle situazioni più umilianti in un flashback che parte e torna nel tribunale dove il ragazzo si deve difendere dall’accusa di aver accoltella­to un uomo.

All’inizio del potente film di Nadine Labaki, straziante e raziocinan­te insieme, premio a Cannes, il piccolo Zain dagli occhi senza speranza denuncia i propri genitori con l’accusa (semiesiste­nzialista) di averlo messo al mondo. Neanche fosse Camus: nato inutilment­e, dice, fra povertà, difficoltà, insulti alla dignità. Tutto sulla pelle viva di persone prese dalla strada. L’avvio stordisce per il colpo di gong che annuncia alla nostra coscienza:

non è ricattator­io perché allora lo sarebbe anche la maggior parte del neo realismo con ragazzini tra macerie morali e materiali. Zain, nella vita profugo siriano che ora vive in Norvegia e, ritrovata la sua età va a scuola, percorre nel film le baraccopol­i di Beirut, badando a un neonato che la madre etiope senza documenti ha abbandonat­o mentre la regista sulle ali di musica, dei droni e ralenti, si alza su un panorama infinito morale scomparso, murato vivo per i molti invisibili senza patria.

Zain Al Rafeea è la ragione etica del film, lo sostiene come se avesse frequentat­o l’actor’s Studio: invece viene tutto da un dolore privato che i suoi occhi raccontano dallo schermo.

 ??  ?? Premiato Boluwatife Treasure Bankole e Zain Al Rafeea in una scena di «Cafarnao Caos e miracoli» diretto da Nadine Labaki, premiato a Cannes
Premiato Boluwatife Treasure Bankole e Zain Al Rafeea in una scena di «Cafarnao Caos e miracoli» diretto da Nadine Labaki, premiato a Cannes

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy