Corriere della Sera

Il club tranquillo: «Un atto dovuto»

Fair play, nel mirino il triennio ’15-’18. Ma c’è il rischio di esclusione dalle Coppe

- Arianna Ravelli

MILANO La buona notizia (l’unica, per la verità) per i tifosi del Milan è proprio la «tranquilli­tà» che filtra dal club, sicuro nel definire «un atto dovuto che ci aspettavam­o, un passaggio formale dentro un processo ancora lungo» il rinvio a giudizio deciso dalla Camera investigat­iva dell’uefa per la violazione delle norme del fair play finanziari­o. Ivan Gazidis è un a.d. con ottimi rapporti con l’uefa, il fondo Elliott è abituato a vincere controvers­ie più complicate, quindi è plausibile credere che abbiano già individuat­o una soluzione (o un accordo).

Restando invece ai fatti fin qui noti, la decisione di rinviare ancora il club di fronte alla Camera giudicante non può essere considerat­a una buona notizia; anzi, apre scenari non prevedibil­i, dai quali, in linea teorica, non è possibile scartare l’esclusione dalle Coppe. Ma un passo alla volta. Secondo la procedura seguita fin qui, se si arriva alla Camera giudicante, infatti, è perché la Camera investigat­iva ha negato il patteggiam­ento previsto dal settlement agreement, che prevede di accettare una serie di limitazion­i e paletti (vedi Inter e Roma), impegnarsi in un piano di rientro e in cambio evitare nuove sanzioni. A tutti i club è stato concesso il settlement, al Milan cinese era stato negato (ma c’erano tutte le debolezze di quella proprietà); ora o non A.d.

Ivan Gazidis, 54 anni, a.d. del Milan, dopo un lungo periodo all’arsenal (Lapresse) è stato chiesto seguendo un’altra strategia, oppure è stato negato di nuovo.

Fatto sta che il Milan è stato rinviato a giudizio per le violazioni delle stagioni 2015-16, 2016-17, 2017-18: si includono — in linea con quelli che sono i meccanismi di monitoragg­io dell’uefa che vanno di triennio in triennio scalando a ogni passaggio un anno — conti già giudicati (bilancio Berlusconi), più la stagione cinese, chiusa con una perdita di 126 milioni (di cui 40 aggiunti però da manovre «straordina­rie» della nuova proprietà, compreso l’accantonam­ento per la sanzione Uefa). Come si sa, il Milan era già stato sanzionato dalla Camera giudicante per il triennio precedente (’14-’17): prima era stato condannato all’esclusione dalle Coppe, si è rivolto al Tas che gli ha dato ragione, è stato quindi sanzionato con 12 milioni di multa, il limite di 21 giocatori in rosa per le Coppe e l’esclusione dall’europa se nel 2021 non sarà raggiunto il pareggio di bilancio. Ed è questa la parte che il Milan contesta, chiedendo più tempo a fronte della volontà di Elliott di investire: ma è una richiesta che mina alla base le norme (contestabi­li quanto si vuole) del fair play finanziari­o.

Sulla sanzione del triennio precedente si aspetta ancora il pronunciam­ento del Tas. Il Milan quindi potrebbe essere costretto a presentars­i alla camera giudicante prima di conoscerlo; in ogni caso ci arriverebb­e da recidivo. Ecco perché, accanto alle sanzioni amministra­tive e alle limitazion­i sportive, non è possibile escludere dal novero delle possibili pene anche il bando dalle Coppe.

A meno che, in parallelo alle azioni legali del Milan e ai passaggi formali dell’uefa, non sia in corso un lavoro diplomatic­o e non si pensi di arrivare a un accordo in sede di camera giudicante. Sarebbe un’anomalia, ma spieghereb­be la «tranquilli­tà» del Milan. In assenza di accordo, o viene minato l’intero fair play finanziari­o, o viene minato il progetto di rinascita del Milan, in corsa per un posto in Champions. In ogni caso, non è poco.

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