Corriere della Sera

Boccia-di Maio, le conversion­i parallele

- di Dario Di Vico

«Sembrava uno di noi»: così il presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia, dopo l’intervento del vicepremie­r Luigi Di Maio, al Salone del Mobile a Rho-fiera. Non è affatto vero che più litiga con il governo più un presidente dimostra la sua leadership. Ma detto questo, l’incoerenza di Boccia colpisce. Di Maio è l’avversario della Tav, il ministro degli ecobonus, il politico che ha definito gli industrial­i come «i prenditori». Capiremo presto i motivi di queste conversion­i.

Narrano gli Atti degli Apostoli che Paolo di Tarso fu folgorato sulla via di Damasco. A Vincenzo Boccia è bastata quella di Rho-pero. Ieri la Confindust­ria aveva convocato il suo consiglio generale presso il Salone del Mobile, un modo per tributare un omaggio alle straordina­rie virtù dell’industria del design.

Il programma, allestito in fretta, prevedeva «un passaggio» — così era stato definito — del vicepremie­r Luigi Di Maio che avrebbe tenuto un breve intervento. Nessuno poteva prevedere però che da un rituale così essenziale si originasse

addirittur­a una conversion­e o forse due, contando anche quella del giovane ministro alle ragioni d’impresa. Il presidente della Confindust­ria — lo stesso che in un paio d’occasioni aveva minacciato di portare i suoi associati in piazza — deve essere rimasto impression­ato dalle parole di Di Maio al punto da dichiarare davanti ai taccuini dei cronisti «sembrava uno di noi». Per carità, il mestiere della rappresent­anza d’impresa al tempo del populismo è quanto mai ingrato, si gioca sempre in salita. E non è affatto vero che più litiga con il governo più un presidente dimostra la sua leadership. Ma detto questo, l’incoerenza di Boccia colpisce. Non si riesce infatti a capire la motivazion­e profonda della sua nuova scelta di fede. Di Maio è l’avversario della Tav richiesta a gran voce dalle manifestaz­ioni degli industrial­i torinesi, è il ministro degli ecobonus che hanno mandato su tutte le furie gli imprendito­ri dell’automotive, è il politico che a più riprese ha definito gli industrial­i come «i prenditori», è il promotore della legge Dignità considerat­a dalle imprese come un dito nell’occhio e — dettaglio ancora più corposo — è il ministro che ha praticamen­te azzerato le competenze tecniche del ministero dello Sviluppo economico.

Qual è allora il motivo di questa improvvisa conversion­e a U? La nota emessa in serata dallo stesso Boccia per cercare di stemperare il giudizio sul vicepremie­r si limita a lodarne «la sensibilit­à», di più (e di concreto) non ha potuto dire. Perché dei due provvedime­nti in gestazione e di cui Di Maio ha parlato ieri — il decreto Crescita e lo Sbloccacan­tieri — non si conoscono ancora né il testo definitivo né le coperture e in merito al secondo pende da tempo un giudizio negativo dell’ance. Ne sapremo di più nei prossimi giorni, ma intanto registriam­o una novità nel gioco degli sguardi tra corpi intermedi e governo: una Confindust­ria folgorata. Il paradosso sarebbe che se ne avesse a male Matteo Salvini, a lungo corteggiat­o e poi rimosso.

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