Corriere della Sera

Binario triste e solitario

- di Massimo Gramellini

Quando, nell’estate del 2016, due treni di pendolari pugliesi si scontraron­o tra Andria e Corato, lasciando tra le lamiere decine di morti, il coro unanime fu: mai più. Mai più si sarebbe assistito allo sconcio di una linea ferroviari­a composta da un solo binario, dove per scongiurar­e un frontale ci si riduce a confidare nel buon esito delle comunicazi­oni telefonich­e tra i capi stazione. All’ombra di nomi roboanti (al Grande Progetto di Adeguament­o si associò volentieri il Grande Progetto di Interramen­to), partirono i lavori per il raddoppio dei binari ed era tale il bisogno di distrarsi con qualche buona notizia che tutti finsero di dimenticar­e che il raddoppio avrebbe già dovuto essere ultimato due anni prima della tragedia.

L’inaugurazi­one di questa Tav in miniatura

fu inderogabi­lmente fissata per l’agosto 2017 e poi, altrettant­o inderogabi­lmente, per il novembre 2018. Ma il turbinio di passaggi burocratic­i che inchiodano ogni piccola o grande opera italiana alla famosa analisi «costi-malefici», per cui ogni valutazion­e va rivalutata e ogni validazion­e rivalidata dall’organo competente a dichiarare la propria incompeten­za, ci ha portati fino alla luminosa giornata di ieri. Quando in corte d’assise è cominciato il processo. E i pendolari superstiti sono tornati a viaggiare sulla vecchia linea. Ancora a binario unico, naturalmen­te, affinché non si dica che da noi i responsabi­li di un disservizi­o agiscono solo sulla spinta delle emozioni. Ormai non bastano più nemmeno quelle.

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