Binario triste e solitario
Quando, nell’estate del 2016, due treni di pendolari pugliesi si scontrarono tra Andria e Corato, lasciando tra le lamiere decine di morti, il coro unanime fu: mai più. Mai più si sarebbe assistito allo sconcio di una linea ferroviaria composta da un solo binario, dove per scongiurare un frontale ci si riduce a confidare nel buon esito delle comunicazioni telefoniche tra i capi stazione. All’ombra di nomi roboanti (al Grande Progetto di Adeguamento si associò volentieri il Grande Progetto di Interramento), partirono i lavori per il raddoppio dei binari ed era tale il bisogno di distrarsi con qualche buona notizia che tutti finsero di dimenticare che il raddoppio avrebbe già dovuto essere ultimato due anni prima della tragedia.
L’inaugurazione di questa Tav in miniatura
fu inderogabilmente fissata per l’agosto 2017 e poi, altrettanto inderogabilmente, per il novembre 2018. Ma il turbinio di passaggi burocratici che inchiodano ogni piccola o grande opera italiana alla famosa analisi «costi-malefici», per cui ogni valutazione va rivalutata e ogni validazione rivalidata dall’organo competente a dichiarare la propria incompetenza, ci ha portati fino alla luminosa giornata di ieri. Quando in corte d’assise è cominciato il processo. E i pendolari superstiti sono tornati a viaggiare sulla vecchia linea. Ancora a binario unico, naturalmente, affinché non si dica che da noi i responsabili di un disservizio agiscono solo sulla spinta delle emozioni. Ormai non bastano più nemmeno quelle.