Corriere della Sera

Snowden e gli attivisti: «Giorno buio» Ma Lady Gaga e Oliver Stone tacciono

Scatta la protesta online. Tanti vecchi sostenitor­i però preferisco­no restare in disparte

- Marta Serafini

Quando i poliziotti sono arrivati alla porta della palazzina rossa di Hans Crescent, Assange era solo. In mano, «History of The National Security State», saggio di Gore Vidal.

Ora che però sono scattati i ferri ai polsi, c’è chi tra gli attivisti digitali torna a stringersi intorno a «Mendax», come si faceva chiamare Assange in gioventù quando si definiva un hacker. Primo della lista, Edward Snowden, il whistleblo­wer del Datagate, che pur avendo preso le distanze dal fondatore di Wikileaks, ieri commentava: «I critici di Assange potranno anche esultare ma questo è un momento buio per la libertà di stampa».

Preoccupat­o per la democrazia anche Kim Dotcom, il fondatore di Megaupload arrestato nel 2012 per pirateria informatic­a: «Dobbiamo proteggere quelli che dicono la verità perché senza di loro rimaniamo all’oscuro», ha commentato, mentre in coda arrivano i messaggi di sostegno della stilista britannica Vivienne Westwood e dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont, anche lui alle prese con mandati di cattura ed estradizio­ni.

Per un attimo lo spirito della rete è sembrato tornare quello dei tempi di «Collateral Murder», quando Assange campeggiav­a sulla copertina del Time come il Robin Hood degli hacker per aver rivelato al mondo le «nefandezze» dell’esercito statuniten­se in Iraq e in Afghanista­n. Ma tutto questo era prima che il soldato Chelsea Manning (allora Bradley) pagasse per lo scoop mentre Assange restava più o meno a piede libero. Secoli prima che Trump vincesse le elezioni a colpi di tweet, dopo aver distrutto l’avversaria Hillary Clinton anche grazie ai leaks forniti proprio dall’australian­o.

Morale della storia, ieri è rimasto in silenzio il regista britannico Ken Loach che nel 2014 a Julian regalava un tapis roulant per ovviare alla noia e alla permanenza forzata in ambasciata. E non commentano nemmeno le star di Hollywood Oliver Stone e Michael Moore, che dalle parti di Hans Crescent non si facevano vedere da parecchio tempo, ben prima del limite imposto dal governo ecuadorian­o ai visitatori esterni. E colpisce anche la freddezza del Guardian, quotidiano britannico progressis­ta da sempre attento alla libertà della Rete, che ieri pomeriggio si limitava alla semplice cronaca. Silenzio stampa anche dallo scrittore Andrew O’hagan che per un attimo aveva accarezzat­o l’idea di diventare biografo e che poi ha finito per capitolare di fronte al proverbial­e brutto carattere dell’australian­o. E tace, dall’alto dei suoi 78 milioni e mezzo di follower anche Lady Gaga che da Assange aveva fatto un salto per la prima volta nel 2012 dopo aver lanciato una linea di profumi alla vicina Harrods.

Resta Pamela Anderson, l’ex bagnina di Baywatch con cui — secondo i rotocalchi di gossip — Assange ha avuto (o ha tutt’ora?) una relazione. «Veritas Valebit, la verità prevarrà», ha twittato ieri l’attrice canadese esibendosi in citazioni latine. Ma che spesso lei si «attovagli» al Cremlino in compagnia del presidente Putin non migliora certo la posizione di quell’uomo con la barba lunga da eremita che ieri è finito in manette.

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(Ap) Giù le mani Volantini a Londra contro l’arresto di Julian Assange
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Su Twitter «Un momento buio per la libertà di stampa», cosi l’ex analista Cia Edward Snowden ha commentato l’arresto di Julian Assange
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Silenzio Il regista Michael Moore, tra i primi sostenitor­i del fondatore di Wikileaks cui ha donato anche del denaro, non ha commentato l’arresto
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L’appello «L’unione Europea deve proteggere i diritti fondamenta­li»,. ha tuonato su Twitter l’ex presidente catalano Carles Puigdemont

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