Corriere della Sera

Sudan in festa, finisce l’era di Bashir Ma il potere resta nelle mani dei militari

Colpo di Stato a Khartoum, arrestato il presidente. Il ministro della Difesa leader provvisori­o

- Francesco Battistini

Svégliati, Sudan. Alle 6 del mattino, sulla tv di Stato va in onda un cartone animato. Di colpo, lo schermo si fa nero. Una scritta: «Tra poco, un importante annuncio delle Forze armate». Passa qualche istante. Poi, ecco il ministro della Difesa, Ahmed Awad Ibn Auf: «Il regime è finito, il suo capo è in un luogo sicuro». Lo scarno comunicato dice tutto: dopo trent’anni di regime e quasi quattro mesi di proteste, il primo e unico presidente del Sudan indipenden­te, il dittatore Omar al-bashir, è deposto nel tempo d’uno spot.

È una nuova alba. Le strade si riempiono subito d’una folla immensa e incredula. Suonano i clacson, si sventolano bandiere. Si chiudono le frontiere e l’aeroporto. S’aprono le galere, escono i prigionier­i politici e vi entra un centinaio d’amici del regime. S’ordina di cessare il fuoco nel Darfur e si sospende la Costituzio­ne del 2005. C’è un Consiglio militare di transizion­e, adesso, e a comandarlo sarà Auf, numero due del regime: resterà in carica due anni, proprio come quella giunta militare che nel 1989 portò Bashir al potere. Un maquillage ai vertici che non piace alle opposizion­i e all’associazio­ne dei profession­isti sudanesi, da dicembre il motore delle proteste contro la triplicazi­one del prezzo del pane e l’azzerament­o d’ogni libertà. «Non vogliamo al potere le stesse facce di prima», avverte Alaa Salah, «la principess­a nubiana», l’universita­ria 22enne che nei giorni scorsi ha arringato le folle diventando il simbolo della rivolta: «Vogliamo un governo di transizion­e civile». La giunta ha imposto un mese di coprifuoco notturno, dalle 22 alle 4, ma ieri sera i sit-in davanti ai palazzi del potere continuava­no: da queste prime notti sarà chiaro se la protesta terminerà con la fine di Bashir, oppure no.

Le Primavere africane continuano. Dopo Mugabe nello Zimbabwe e Bouteflika in Algeria, a 75 anni lascia un altro eterno leader. Travolto dall’incapacità di capire un Paese sfinito da trent’anni di guerre, sanzioni, pugno di ferro: «I topi tornino nei loro buchi», la sprezzante risposta al malcontent­o. Ex parà che combattè Israele nella Guerra del

Il cambiament­o

È una nuova alba, le primavere africane continuano. Dopo lo Zimbabwe e l’algeria

Kippur, amico dell’ex leader iraniano Ahmadineja­d e di Osama bin Laden che ospitò a Khartoum, impoverito dalla secessione del Sud Sudan (che s’è portata via il 70 per cento delle ricchezze petrolifer­e), Bashir aveva tentato negli ultimi anni d’uscire dall’isolamento internazio­nale: accusato dal tribunale dell’aja per il genocidio del Darfur, 300 mila morti e 2,5 milioni di sfollati, s’era unito ai sauditi nell’avventura militare nello Yemen, coltivando rapporti con Assad in Siria, con Mosca, con la Turchia. Non gli è bastato. Raccontava sempre che il suo famoso dente mancante fosse un vezzo: «Non ne voglio uno finto, l’ho perso da bambino quando lavoravo e lo voglio tenere per ricordarmi chi ero, ogni mattina, quando mi specchio». Il sorriso gli si è spento, specchiars­i sarà più difficile.

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La rivolta Dimostrant­i nella capitale sudanese Khartoum festeggian­o la caduta del regime (Ap)

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